La "No Billag" e le lezioni da trarre

IL COMMENTO DI SERGIO ERMOTTI
Sergio Ermotti
01.02.2018 06:00

DI SERGIO ERMOTTI -  In questi giorni sono pochi i temi che vengono dibattuti più intensamente dell'iniziativa per abolire il canone radiotelevisivo, l'iniziativa «No Billag». Per me è evidente che anche in futuro la Svizzera necessita di un servizio radiotelevisivo pubblico. Questo già solo per ragioni di coesione nazionale, visto che siamo un Paese con culture e lingue diverse. Esprimo il mio parere in merito, non necessariamente in veste di CEO di UBS, ma come cittadino e soprattutto come ticinese. Non voglio tornare sugli argomenti già trattati da altri contro quest'iniziativa. Molti sono pertinenti, altri meno e alcuni possono essere addirittura controproducenti.

La domanda che dobbiamo porci è: com'è possibile che si sia arrivati a mettere in discussione fino a questo punto la SSR? A mio avviso, le principali critiche riguardano i costi e l'imparzialità.
La qualità complessiva della SSR è elevata. In uno studio sull'indipendenza della copertura giornalistica nel servizio radiotelevisivo pubblico, ad esempio, la Svizzera si è classificata al primo posto tra tutti i Paesi europei. Ma questa qualità ha un prezzo elevato. In parte questi costi sono giustificati dalla necessità di coprire le quattro regioni linguistiche, ma è altrettanto lecito chiedersi se tutto quello che producono le nostre emittenti pubbliche sia davvero necessario.
Nonostante l'elevata qualità, ci sono studi che rivelano come molti in Svizzera trovino da eccepire sull'imparzialità della copertura giornalistica. Ascoltando come vengono riportate e analizzate le notizie riguardanti la piazza finanziaria, l'economia e la politica, posso ben capire che qualcuno abbia il riflesso di inviare almeno un segnale di necessità di cambiamento. Capita spesso, infatti, che i servizi siano poco fondati o addirittura di parte e politicamente schierati. Questo non dà certo un'immagine d'imparzialità e danneggia la credibilità. In ogni caso, che le critiche siano giustificate o no, «perception is reality». Recentemente, più del 50% della popolazione era disposto a votare a favore dell'iniziativa.
Anche se secondo gli ultimi sondaggi il risultato sarà diverso, votare sì, solamente per mandare un segnale di protesta, sarebbe una scommessa rischiosa. A prescindere dall'esito delle urne, la SSR dovrebbe comunque prendere sul serio le critiche e le perplessità di una gran parte della popolazione e agire di conseguenza.
Il servizio radiotelevisivo svizzero ha fatto tanto per il nostro Paese e merita l'opportunità di trarre le dovute lezioni da questa esperienza. Altrimenti è già prevedibile un'altra iniziativa, questa volta più pragmatica. In un'azienda privata le cose non andrebbero diversamente. Quando gran parte degli azionisti e dei clienti non concorda con il corso intrapreso, devono essere adottate contromisure.

La SSR è un'istituzione preziosa e insostituibile per il nostro Paese. Anche se la «No Billag» rappresenta un tentativo di rispondere a una situazione non ottimale, l'iniziativa va troppo oltre. L'obbligo di fornire un servizio equilibrato verrebbe stralciato dalla Costituzione, peggiorando così le cose. E anche l'attenzione alle peculiarità del nostro Paese non avrebbe un posto garantito nel panorama mediatico svizzero, danneggiando così soprattutto le regioni linguistiche più piccole come il Ticino. Di conseguenza, il 4 marzo voterò no. Solo perché non siamo d'accordo su tutto, non possiamo permetterci di buttare via il bambino con l'acqua sporca.