La popolarità di Donald Trump
Molti europei sono sconcertati dal numero di consensi che Donald Trump riscuote nei sondaggi sulle prossime elezioni presidenziali di novembre. Il personaggio è controverso, per usare un eufemismo. Spesso, quando parla a ruota libera, aliena la maggioranza degli ascoltatori. Le sue azioni passate lo rendono un improbabile paladino dei cristiani conservatori e dei sostenitori del libero commercio. Questi due gruppi, tuttavia, si uniscono nel sostenerlo agli abitanti dell’America profonda, rimasti emarginati dalla crescita economica degli ultimi anni.
In realtà gli americani non sono ammattiti, come si potrebbe dedurre da un’analisi superficiale. La radice dei consensi a Trump risiede nell’opposizione dei tre gruppi menzionati alle politiche del presidente Biden e al dirigismo del partito democratico in anni recenti.
Dopo aver affrontato bene la pandemia con due tempestivi pacchetti di spesa pubblica, Biden, nel tentativo di placare la sinistra radicale del suo partito, ha varato un terzo pacchetto di spesa pubblica. La conseguenza, temuta anche da molti dei suoi consiglieri economici più accorti, è stata un’ondata inflazionistica, che ha fatto aumentare i prezzi del 20% in un paio di anni. Questo risultato non è stato affatto gradito agli elettori degli stati rurali, tagliati fuori dalla ripresa economica degli stati costieri. Le politiche economiche di Biden hanno completato il quadro, danneggiando alcune industrie in nome della transizione energetica. La politica estera non ha sortito effetti migliori. Dietro un’apparente moderazione, l’America si trova invischiata in due guerre costose, che assorbono risorse meglio impiegabili nel contenimento del rivale strategico degli Stati Uniti, la Cina.
Kamala Harris cerca di presentare una nuova proposta politica, ma ha due handicap seri. Come vice di Biden, non può criticare quello che l’amministrazione ha fatto in questi quattro anni, soltanto dire che ci saranno sfumature diverse. Queste sfumature non riscuotono molta fiducia presso gli elettori. Inoltre Harris viene dalla California, lo stato simbolo della transizione ecologica, noto per le alte tasse e per aver perso un milione di residenti negli anni più recenti. La sua prima dichiarazione, una proposta di legge per prevenire i cartelli intesi ad aumentare i prezzi dei supermercati, è surreale. I supermercati americani hanno margini minuscoli, intorno al 2%. Le grandi aziende di Silicon Valley, che hanno sempre sostenuto Harris, hanno margini superiori al 20%. Harris preferisce parlare d’altro, ma questo non aiuta la sua credibilità, neppure tra chi crede nell’utilità dei controlli sui prezzi. Questo concetto è comunque profondamente impopolare negli Stati Uniti, basati da sempre sulla libertà economica.
Il partito democratico, a differenza del partito repubblicano, ha regole che danno un forte potere alla dirigenza. Così, dopo aver sostenuto a lungo Biden, Obama, Pelosi e pochi altri lo hanno cancellato in un giorno, imponendo la candidatura di Harris senza alcun dibattito. Molti americani sono risentiti per questo modo di fare, che porta il governo a strabordare dalle scelte politiche, legittime, a soffocare le libertà più care agli americani.
Addirittura ieri Zuckerbeg, il fondatore di Facebook, ha rivelato di essere stato condizionato dalla presidenza a oscurare notizie sulla pandemia e sulle accuse al figlio di Biden. Biden si è difeso sul primo punto invocando la difesa della salute pubblica. Questa difesa non può ostacolare la libertà d’espressione in America. Sul figlio, non sembra che Biden abbia aggiunto altro.
Certamente, nel breve termine per l’Europa il programma di Biden, che contempla un aumento delle tasse e la continuazione della politica attuale, è preferibile al programma di Trump, basato su tariffe sui beni importati dall’estero. Non dobbiamo però confondere le nostre preferenze con le decisioni degli americani, influenzate da variabili diverse.