Contromano

La risposta ai veleni

La gara di Suzuka ha ammutolito ogni sospetto dando a Max Verstappen la possibilità di dominare a piacimento e alla Red Bull la certezza del sesto titolo mondiale costruttori
Pino Allievi
Pino Allievi
25.09.2023 19:15

Non c’erano dubbi, una settimana fa avevamo detto a chiare lettere che la Red Bull, a Suzuka, sarebbe tornata quella di sempre. Ma l’euforia generata dal trionfo della Ferrari a Singapore aveva creato un frenetico clima d’attesa intriso di sogni e illusioni, lasciando campo aperto a dietrologie odiose che vengono sempre a galla quando c’è una sola squadra padrona della scena. L’introduzione della direttiva <<TD 018>>, avvenuta alla vigilia della prima sconfitta della Red Bull nel 2023, aveva infatti indotto pensare – a qualche mente malata – che Verstappen avesse dominato sino a quel momento con una macchina illegale. In realtà, a Singapore la Red Bull aveva sbagliato tutto nelle regolazioni della RB19 e i risultati (scadenti) si sono visti. Una battuta a vuoto non è un dramma. Ma molti hanno insinuato che il blocco a certi particolari flessibili delle ali, imposto dalla Federazione, fosse la conferma che la Red Bull viaggiava con una interpretazione tutta sua dei regolamenti. La gara di Suzuka ha però ammutolito ogni sospetto, dando a Max Verstappen la possibilità di dominare a piacimento e alla Red Bull la certezza del sesto titolo mondiale costruttori, con ben 6 gare d’anticipo. Una risposta ai veleni. 

Quanto ci sia di Verstappen nel trofeo della Red Bull lo dicono i numeri: dei 623 punti ottenuti dal team, ben 400 appartengono a Max, che oramai si sta rivelando un cacciatore famelico di successi con le qualità che marcano la differenza tra i campioni e i piloti solo bravi: non ha cali di rendimento, non sbaglia, si è conquistato la piena fiducia della squadra. Dal suo canto, la Red Bull gli sta fornendo una macchina che sta incollata a terra grazie ad una aerodinamica raffinatissima, frutto del genio creativo di Adrian Newey. Se nelle curve corte e non velocissime di Singapore la Ferrari aveva fatto il colpaccio, appena la F.1 è tornata su un circuito vero e impegnativo come Suzuka, la RB19 ha mostrato la differenza nelle curve da appoggio più rapide e nei cambi di direzione, senza sacrificare nulla in fatto di velocità massima o degrado delle gomme. Una superiorità netta che ha sgretolato le illusioni dei rivali, in primo luogo la Ferrari, che ha subito una sconfitta bruciante, inaspettata. Sempre fuori dai giochi, Leclerc, quarto, ha accusato un distacco di 43’’9 mentre Sainz, sesto, ha tagliato il traguardo con un margine di 50’’2. Un bilancio pesante che diventa ancora più gravoso se paragonato a un anno fa, quando Leclerc aveva sfiorato la pole position per 1 centesimo (sabato è stato staccato di 6 decimi) e in gara era stato distanziato da Verstappen – sempre lui – di 31’’7, ovvero 12 secondi meno di domenica.

Oramai è chiaro come la SF23 vada forte solo in determinate condizioni e che, di base, sia una macchina difficile da gestire da un box che a Singapore era stato perfetto e a Suzuka ha invece, di nuovo, palesato errori di strategia. Forse ci sarà uno spiraglio da qui alla conclusione, ma tutto è legato più al caso che a certezze. Per cui alla Ferrari non resta che la caccia alla riconquista del secondo posto nel mondiale costruttori, traguardo di ripiego per il quale sta lottando con una Mercedes più pasticciona che mai negli ordini di squadra, ma anche con una macchina plafonata.

La sorpresa di Suzuka è arrivata dalla McLaren, che ha piazzato entrambi i piloti sul podio: Norris secondo e Piastri terzo sono il fresco che avanza, due talenti arrembanti capaci di tutto, adorati dalla squadra e pronti al salto di qualità. Lando Norris lo conosciamo, è un combattente che non ha flessioni durante un gran premio ed è quindi in grado di infastidire chiunque dal primo all’ultimo giro. Oscar Piastri, australiano con nonni toscani, ha solo 15 corse di F.1 all’attivo e può essere la <<star>> di un domani vicino. Per la prima volta è salito sul podio ma non pareva affatto felice: puntava alla vittoria, il resto non gli interessa. Egoista, montato? No, i campioni (o aspiranti tali) sono fatti così.