Commento

La slavina del castello di carta

Siamo da poco entrati nella stagione autunnale e, come previsto i guai stanno cominciando a venire alla luce
Alfonso Tuor
05.10.2022 06:00

Siamo da poco entrati nella stagione autunnale e, come previsto i guai stanno cominciando a venire alla luce. Infatti in Europa l’inflazione continua a salire e ha raggiunto la doppia cifra, mentre si moltiplicano i segnali di un forte rallentamento dell’economia che prelude ad una caduta in recessione. Sui mercati finanziari si accentuano le tensioni che fanno temere una nuova crisi. L’eccezione è la Svizzera, dove l’inflazione è scesa al 3,3% grazie al calo del prezzo del petrolio e al rafforzamento del franco che ha ridotto il costo dei beni energetici e di quelli alimentari.

Una causa di questa situazione, e probabilmente la più importante, non è la guerra in Ucraina, ma gli errori compiuti dalle autorità monetarie. A pesare sulle prospettive dell’economia è soprattutto il rialzo rapido e congiunto del costo del denaro da parte delle banche centrali occidentali, che stanno cercando disperatamente di frenare un’inflazione sfuggita ad ogni controllo. Infatti dalla crisi finanziaria del 2008 hanno continuato a stampare moneta e addirittura hanno aumentato il ritmo dell’immissione di liquidità nel sistema economico durante la pandemia, ossia proprio nel momento in cui la politica monetaria fortemente espansiva si sommava alle misure adottate dai Governi per aiutare l’economia, sostenendo che il rialzo dei prezzi fosse solo un fenomeno temporaneo. L’esplosione della quantità di moneta in circolazione ha fatto risorgere l’inflazione (ben prima dell’invasione russa in Ucraina), ha fatto inerpicare l’indebitamento con i debiti del settore privato non finanziario salito del 160% dal 2008 e ha aiutato l’euforia dei mercati finanziari saliti di ben il 320% dai tempi della crisi finanziari innescata dai mutui subprime americani. L’attuale aumento del costo del denaro sta già riflettendosi sui mercati finanziari abituati a tassi di interesse minimi o addirittura negativi. Infatti il rialzo dei tassi e il riassorbimento di questa liquidità, per il momento ancora minimo, sono bastati, da un canto, a spingere gli investitori a cercare lidi sicuri e, dall’altra, a prosciugare la capacità della miriade di società finanziarie esplose in questi anni di finanziarsi. Inoltre l’aumento del costo del denaro, destinato a continuare, sta aumentando il costo di finanziamento del debito globale, quindi sia degli enti pubblici sia delle società private. Ne segue che cominciano ad emergere sempre più situazioni di forte stress, con banche parte di sindacati di emissione (tra esse non poteva mancare il Credit Suisse) che non riescono a piazzare sul mercato obbligazioni, come quelle di Citrix, che fa parte del mondo delle cripto valute, sebbene siano disposte ad accettare di subire delle ingenti perdite. O come è il caso della borsa e delle obbligazioni britanniche violentemente cadute dopo l’annuncio (poi in parte ritirato) di un ampio taglio della pressione fiscale e l’immediata reazione della banca centrale inglese che si è rimessa subito a stampare sterline. O anche con le turbolenze del Credit Suisse con un’azione minimi e con i Credit Default Swap (ossia con le assicurazioni contro l’insolvenza delle obbligazioni emesse dalla seconda banca elvetica) in continua crescita, anche se la sopravvivenza dell’istituto non è in pericolo. Questi sono solo alcuni casi destinati a moltiplicarsi nelle prossime settimane.

Ora si tratta di capire se le banche centrali, che sono disposte a sopportare il rischio di una recessione per lottare contro l’inflazione e quindi rimediare ai loro errori, siano anche disposte a correre il pericolo di una nuova crisi finanziaria. Quanto accaduto in settimana in Gran Bretagna indica chiaramente che di fronte a una tale prospettiva sono immediatamente disposte a riaprire i cordoni della borsa. Rimane comunque un’incognita: interverranno con tempestività oppure in ritardo rischiando una slavina del castello di carta stracciata costruita in questi anni dai mercati finanziari. Tutto ciò fa prevedere che questo autunno oltre allo slittamento in recessione di molte economie europee potrebbe anche riservarci una nuova crisi finanziaria.