L'attacco al multilaterale

Il multilateralismo è più che mai sotto i colpi del presidente USA Donald Trump. Il boicottaggio del vertice del G20 in Sudafrica da parte dell’attuale Amministrazione statunitense è solo l’ultima, in ordine di tempo, di una serie di mosse di Washington contro organismi internazionali, sul versante politico come su quello economico. Questa linea di attacco al multilateralismo e di preferenza assoluta per il bilateralismo, basata sulla volontà di giocare tutto sui rapporti di forza, era già emersa durante la prima presidenza Trump e viene applicata in modo più ampio in questo secondo mandato. Essendo gli Stati Uniti primi nel mondo sia come potenza politico-militare sia come potenza economica, il confronto uno contro uno dei bilaterali apre più facilmente la strada a imposizioni da parte degli USA, come dimostrato anche dalla vicenda dei dazi.
Per un lungo periodo sono stati gli USA a guidare il multilateralismo, che coinvolge molti Paesi in contemporanea nei negoziati e negli accordi, sempre facendo pesare in vari modi il fatto di essere i più forti ma accettando la via di un confronto esteso. Per gli Stati Uniti il multilateralismo è stato per certi aspetti faticoso, ma ha avuto molti vantaggi: sul piano politico ha allargato il consenso verso gli USA stessi e sul piano economico ha ampliato quegli scambi economici globali da cui la potenza americana ha tratto molti benefici, prima di cominciare a rifiutare il piatto che aveva contribuito a creare e in cui aveva anch’essa molto mangiato, in modo legittimo ma certo in quantità non piccole.
L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), che ha sede a Ginevra, è stata una delle prime vittime della linea di Trump contro il multilateralismo. Trump l’ha marginalizzata e ne ha ostacolato il funzionamento concreto. Biden, presidente USA tra i due mandati trumpiani, non l’ha attaccata ma neppure rilanciata. Era evidente dove si sarebbe andati a parare con il ritorno di Trump alla presidenza nel gennaio scorso, tanto è vero che la raffica degli aumenti dei dazi USA è partita già all’inizio di aprile. L’OMC, che si occupa proprio di regole nei commerci e che punta a contenere i dazi, era già nell’angolo ed è stata clamorosamente scavalcata.
Uno dei motivi principali per cui l’OMC non piace all’Amministrazione Trump è che rappresenta un ramo rilevante del multilateralismo e che con questo nei commerci vige la regola della nazione più favorita, cioè le migliori condizioni devono essere garantite a tutti i Paesi che entrano negli accordi. È esattamente il contrario di ciò che vuole fare, e sta facendo, Trump: a te un dazio più alto, a te un dazio meno alto, a seconda di quello che interessa a me. Il risultato, cominciamo a vederlo, è un ulteriore rallentamento degli scambi e della crescita economica, per tutti e anche per gli USA.
Al di là delle accuse di genocidio di bianchi rivolte da Trump al Sudafrica, e respinte da quest’ultimo, l’assenza dal G20 segna una nuova tappa della campagna USA contro il multilateralismo. Non si tratta solo di difendere o meno il Sudafrica, Paese che è al tempo stesso importante e non privo di rilevanti problemi. Si tratta, pur criticando se del caso, di non boicottare il confronto internazionale. Ma, oltre che l’OMC e ora il G20, altri organismi sono nel mirino americano. Con Trump gli USA si sono tolti ad esempio dalla COP sul clima e hanno accentuato riserve e contrasti con la stessa ONU. È possibile che molti di questi organismi abbiano burocrazie eccessive, da ridurre. Però, evidentemente, non è solamente questo, perché gli attacchi USA sono su tutta la linea. Se il multilateralismo cadesse definitivamente, e se prevalesse il solo rapporto di forza, non ci sarebbe un mondo migliore. È dunque auspicabile che il resto dell’Occidente si sottragga alla linea di Trump e cerchi di difendere, pur riformandoli, alcuni spazi importanti di multilateralismo.

