Le profezie, la storia e questo 2014

Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
02.01.2014 05:30

di FABIO PONTIGGIA - Siamo ancora qui, già immersi nel nuovo anno, a dispetto dei catastrofisti e degli apocalittici. Ricordate gli scienziati che avevano cercato di fermare l?acceleratore di particelle del CERN a Ginevra, dicendo che, senza uno stop, il test per cercare il bosone di Higgs avrebbe creato un buco nero e inghiottito la Terra? La «particella di Dio» è stata trovata e il nostro pianeta gira ancora (come pure l?acceleratore). E qualcuno si ricorda della (presunta) profezia dei Maya sulla fine del mondo? Un?isteria collettiva che nel 2012 fece scorrere fiumi d?inchiostro (e di sciocchezze). I Maya non ci sono più da un pezzo, i falsi profeti invece sopravvivono e vagano alla perenne ricerca di nuove scadenze fatali, mentre il mondo continua, ostinato e cocciuto, ad esserci.
Siamo dunque ancora qui. Il succedersi degli anni merita attenzioni e preoccupazioni più serie, cioè ancorate alla realtà, sia essa la quotidianità, sia essa la storia. Nel suo discorso di fine anno la cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto riferimento a tre anniversari con cui questo 2014 dovrà confrontarsi: i cent?anni dallo scoppio della Grande guerra, i 75 anni da quello del secondo conflitto mondiale e il quarto di secolo dalla caduta del Muro di Berlino. Due passaggi tragici, tremendamente tragici, per le immani sofferenze e distruzioni che hanno portato, e uno invece positivo, per le prospettive e le opportunità che ha spalancato a milioni di persone fino ad allora chiuse nel totalitarismo che aveva promesso la felicità in questo mondo ma prodotto solo miseria e cancellato la libertà.
L?Europa è stata al centro di quegli eventi storici. Da tutti e tre ne è uscita radicalmente cambiata. I primi due cambiamenti sono avvenuti nella violenza e nel sangue; il terzo pacificamente. Prima c?erano imperi, nazionalismi e totalitarismi belligeranti in un?Europa che era soltanto una realtà geografica. Poi c?è stata un?Europa unita nella democrazia, rappacificata al suo interno, confrontata all?esterno con il totalitarismo superstite, via via messo in ginocchio dalla distanza siderale che separava le sue promesse ideologiche dalla triste realtà quotidiana vissuta dai popoli soggiogati. Prima ci furono le guerre guerreggiate; poi la guerra fu soltanto fredda, grazie alla deterrenza nucleare. La pace tra i due blocchi era sì impossibile, ma la guerra era improbabile, secondo la nota formula aroniana. E in effetti guerra non ci fu. Il Muro cadde senza uno sparo e con esso si piegò e poi crollò l?Impero del male.
I tre anniversari storici che segneranno questo 2014 saranno – si spera – altrettante occasioni di riflessione spassionata sull?Europa: sul suo stato di salute, sulle sue magagne e sui suoi problemi, sulla sua natura e struttura di unione di Stati (troppo o troppo poco uniti?), sui rinascenti nazionalismi, regionalismi, populismi, protezionismi che la percorrono e a volte la scuotono (possono portare qualche soluzione? Sono la nuova frontiera del Vecchio Continente? Oppure sono un rischio? E se sì, quanto serio?). La storia non si ripete mai uguale a sé stessa, ma qualche insegnamento ce lo dà pure. Prima di buttare a mare una costruzione europea certamente lacunosa e perfettibile, ma comunque garante di decenni di pace nella libertà (anche se insidiata da una burocrazia soffocante e con forti tendenze centralistiche), gli europei dovrebbero pensarci bene: sia quelli che stanno nell?UE, sia quelli che stanno fuori dell?UE. All?Europa libera, pacifica e competitiva non serve un?Unione che inglobi tutti gli Stati europei; al contrario, servono anche Paesi europei liberi, pacifici e competitivi fuori dall?Unione. Ma un?Unione che includa i Paesi che si son fatti la guerra, quella sì, ci vuole. Altrimenti sono guai. Non si tratta di scimmiottare catastrofisti e apocalittici paventando buchi neri e fine del mondo, ma solo di tenere presente il passato quando si pensa al futuro.

In questo articolo: