Lo spunto

Le riflessioni di un nonno

Sono al mare, in spiaggia con i miei nipotini: li guardo giocare, ridere, gridare mentre sul mio cellulare scorrono le terrificanti immagini di bimbi che muoiono di fame per il blocco degli aiuti alimentari decretato da Israele nella striscia di Gaza
Giò Rezzonico
05.08.2025 06:00

Sono al mare, in spiaggia con i miei nipotini. Li guardo giocare, ridere, gridare mentre sul mio cellulare scorrono le terrificanti immagini di bimbi che muoiono di fame per il blocco degli aiuti alimentari decretato da Israele nella striscia di Gaza. Per lungo tempo i governi occidentali hanno fatto finta di non vedere ed ora reagiscono cautamente. Ma, mi chiedo, quei politici che per mesi hanno voltato le spalle a questo dramma, hanno figli o nipoti? Si sono immaginati cosa significhi vedere un figlio morire tra le proprie braccia non perché malato, ma perché messo alla fame dall’esercito occupante? Israele non si rende conto che odio chiama odio e che saranno necessarie generazioni per dimenticare queste crudeltà, simili a quelle subite dal suo popolo durante la seconda guerra mondiale? E i cittadini israeliani, salvo rare minoranze, perché non reagiscono davanti a questo genocidio? Difficile capirlo e tollerarlo: una vera delusione nei confronti di un popolo che ho sempre ammirato.

La mia generazione si è illusa di poter consegnare ai nipoti un mondo senza guerre, almeno in Europa, dopo due spaventosi conflitti mondiali. Per settant’anni ci siamo riusciti, ma non abbiamo estirpato quel male, che ora si ripresenta, talvolta nell’indifferenza generale. La scena internazionale torna ad essere dominata dalla legge del più forte. L’esempio più eloquente è l’invasione russa dell’Ucraina. I giovani che ogni giorno cadono sul campo di battaglia, da una parte e dall’altra, potrebbero essere i nostri figli o i genitori dei nostri nipoti. Gli ucraini muoiono per difendere l’indifendibile ed i soldati russi, arruolati nelle regioni più marginali del paese, cadono in battaglia per una guerra imperialista che non li riguarda, frutto di una sbagliata valutazione iniziale (Putin era convinto di una facile conquista). Con il ritorno della legge del più forte vanno a farsi benedire anche quegli argini alla follia umana varati in risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e alcune norme del Diritto internazionale. Princìpi grazie ai quali la mia generazione sperava in un mondo migliore.

Ma questa deriva, purtroppo, non si manifesta solo attraverso le guerre, bensì anche nella politica. Settimanalmente assistiamo, in tutto l’Occidente, all’affermarsi di movimenti cosiddetti populisti, attratti da visioni autoritarie. Gli Stati Uniti, considerati modello di democrazia quando eravamo giovani, ne sono l’esempio più eclatante. Trump sta perseguendo una politica interna ed estera autoritaria, antidemocratica, incentrata sulla prepotenza del più forte (i suoi ammiratori nostrani, con il 39% di dazi, sono serviti). E, purtroppo, per il momento sembra non trovare ostacoli. Che fine stanno facendo le democrazie liberali attraverso le quali eravamo certi di garantire se non il mondo migliore, almeno il meno peggiore possibile? In troppe «democrazie», a iniziare dagli USA trumpiani, stanno venendo meno alcuni capisaldi che avevamo considerato indispensabili a garanzia della democrazia. Penso all’indipendenza della giustizia e alla libertà di stampa. La prima sempre più piegata agli interessi della politica, la seconda annientata dalle fakes news. Di fronte a questo panorama, quando penso al futuro non posso non pensare che la nostra generazione abbia fallito. Ma dove abbiamo sbagliato? Forse nel creare un distacco eccessivo – complice la sempre maggiore complessità della società in cui viviamo – fra cittadini e politici. Questi ultimi visti da una parte della popolazione sempre più come una casta lontana dagli elettori. Un esempio? Prendiamolo in casa nostra. Come giustificare quel voto all’unanimità del Consiglio di Stato ticinese al miniarrocco leghista se non come un pateracchio tra politici?

Il populismo di destra e di sinistra, che prospetta ai cittadini facili e impossibili soluzioni a questioni complesse, penso trovi la sua linfa proprio in questa frattura tra cittadino e potere costituito. 

In preda a queste riflessioni mi chiedo con quali argomenti potrò convincere i miei nipoti che, nonostante tutto, vale la pena di impegnarsi affinché nella politica prevalga l’interesse comune, il principio delle pari opportunità e il rispetto per il prossimo.