Il commento

Le sfide del Ticino Città-Regione

Il futuro del Ticino appare, malgrado gli assilli quotidiani, legato a nuove rappresentazioni identitarie collettive, fatto di visioni e di indirizzi politici di lungo termine, partecipati e condivisi alle diverse scale
Remigio Ratti
15.03.2023 06:00

Il futuro del Ticino appare, malgrado gli assilli quotidiani, legato a nuove rappresentazioni identitarie collettive, fatto di visioni e di indirizzi politici di lungo termine, partecipati e condivisi alle diverse scale. Una chimera? Se così fosse, come ai più potrebbe sembrare in queste settimane di frenesia elettorale, ne uscirebbe un’immagine da Ticino perdente, ancorato sulle paure, sulle colpe (sempre degli altri) e ripiegato su se stesso. Una sindrome da Calimero, con un assist ai giovani (e non), che partono o che non tornano in Ticino.

Facile ribattere, stizziti: e l’USI, la SUPSI, i poli di ricerca, il MASI, il Festival, le nostre tante eccellenze? Per fortuna ci sono! Ma anche queste realtà non sono fine a se stesse, hanno bisogno di un immaginario collettivo, sempre in cammino. Val la pena ricordare come possano essere anche il frutto di certi utili germi del passato: dell’humus politico sintetizzato in Il Ticino, Regione Aperta (1992); dell’immagine, correlata, di Ticino, Città-Regione, lanciata in quegli anni dal primo Piano direttore cantonale del territorio. Fino al concetto di Città Ticino, nato all’interno del gruppo di riflessione interdisciplinare AlpTransit Ticino, quale proposta per un progetto alternativo di ridisegno urbano. Dopo i primi frutti, oggi, occorre cogliere i nuovi germi, i nuovi vettori di sostegno del domani.

Pensare al Ticino, Città-Regione – concetto che preferiamo poiché spazio di vita includente valli e zone di frontiera – diventa oggi una sfida ancora maggiore, poiché è mutato nelle caratteristiche stesse del suo spazio economico. Il suo capitale territoriale non può più essere basato sulle tradizionali rendite di posizione. Esse hanno cambiato natura o sono meno evidenti rispetto ai tempi della «piazza finanziaria ticinese», di cui non si osa più parlare; d’altra parte, le rendite differenziali – per intenderci quelle prelevate, in determinati settori, sui differenziali dei prezzi dei beni e delle remunerazioni – sono ormai da percepire in un contesto più ampio, macroregionale e di interrelazioni tra globale e locale; con un Ticino a fare da «spazio cuscinetto» tra Lombardia e Svizzera tedesca.

Un’economia in piena fase di transizione digitale non può più sperare di essere concorrenziale solo con una strategia di contenimento dei costi, in particolare quelli salariali. Certo, c’è chi sempre ci conta. Ma a termine è una trappola sia per le imprese sia per chi rivendica una parificazione dei salari e basta. Sempre di più il capitale territoriale regionale va infatti ricostruito, agendo su tutti i fattori (personale, capitale, innovazione), secondo una visione di medio-lungo termine e in una strategia di aggregazione creativa di valore aggiunto.

Occorre avere il coraggio – senza negare i problemi derivanti dalle disparità salariali Ticino-frontiera e Ticino-Svizzera interna – di ammettere che questi non saranno tanto il prodotto della liberalizzazione della manodopera, ma di nuovi scenari, sia locali che globali, che rendono le sfide odierne ancora più complicate: infatti, alla mutata natura delle sfide per il nostro spazio economico e di relazione sopracitate si aggiungono le improcrastinabili scelte epocali, climatico-ambientali e di società, da interpretare per di più tra le incertezze della geopolitica. Esse esigono un approccio cognitivo – da «menti associate», rifacendoci al pensiero di Carlo Cattaneo – per affrontare il tema di fondo di un contemporaneo e convergente riassetto economico, sociale e ambientale. Trovandoci nella fluida situazione di vivere la doppia situazione di essere il Sud del Nord e il Nord del Sud dobbiamo assolutamente trovare una consistente forza identitaria interna, strategicamente capace di vivere e dialogare sia tra i due poli metropolitani sia, in determinate nicchie, direttamente a scala locale-globale. Diventa centrale dare identità e costruire un forte tessuto alla nostra trama territoriale, valorizzando in rete le complementarità esistenti e la grande forza progettuale espressa negli ultimi anni, specie dopo le aggregazioni, dalle Città ticinesi e cogliendone meglio anche i legami insubrici, da poco rivalutati dai sindaci della cosiddetta Città dei Laghi.

Già abbiamo riunito in questo primo scorcio del secolo alcune basilari premesse infrastrutturali (AlpTransit; Varese/Malpensa; rete trasporti pubblici), strutturali (formazione; ricerca; sostegno all’innovazione) e istituzionali (aggregazioni). I risultati sono promettenti: quasi tutte le Città stanno elaborando piani d’indirizzo territoriali di nuova generazione: creativi, per i concorsi di idee, per la volontà di partecipazione nello spirito di una lungimirante governanza pubblico-privata, orientata a ritrovare, a tutte le scale, spazi di vita; di imprenditorialità e di lavoro; spazi di svago e ricreazione, attrattivi per tutte le categorie della popolazione. Visioni e progetti decennali da centinaia di milioni, sia pur da realizzare a tappe, ma senza stop and go. Preoccupa allora l’impasse delle finanze, specie cantonali, in un momento in cui la guida non deve essere lasciata ai soli criteri della contabilità finanziaria.