Immagini e verità

L'educazione visiva

Il contributo del professor Michele Amadò è il primo di una rubrica che ci accompagnerà lungo l’intero 2024 e che si dedicherà, in collaborazione con USI e SUPSI, proprio alla questione della verità legata alle immagini
Michele Amadò
03.02.2024 06:00

Rispetto alla potenza delle immagini cui siamo costantemente bombardati, siamo disarmati. Come distinguere quelle fasulle da quelle autentiche? Immagini finte e manipolate che, anche grazie agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, si presentano come più credibili e vere di quelle originali. Le guerre, ad esempio, sono anche contese di immagini. Immagini che suscitano emozioni che contribuiscono, spesso in modo irriflessivo e non mediato, a formare l’opinione pubblica. Siamo bersagliati da foto, video di immagini crude, atroci, di persone esposte alla crudeltà altrui, a sostegno di questa o quella parte dei belligeranti. Spesso si tratta di video fatti altrove, in altri tempi, se non fasulli. Una questione rilevante sorge per il fatto che le immagini autentiche, naturali, reali come quelle ricostruite, artificiali o falsificate sono assunte dal nostro sistema visivo, dall’occhio al cervello, nella stessa maniera, senza alcuna distinzione. Entrambe poi sono potentissime, e ci prendono alla gola, come detto, in modo istantaneo, non mediato.

Già Platone denunciava questo potere manipolatorio delle immagini che fa sì che prendiamo spesso lucciole per lanterne. Per questo motivo il filosofo bandiva gli artisti dalla sua Repubblica. Ma non è questa la via che vogliamo seguire. Il paradosso è che nella nostra epoca, che ormai da qualche secolo, in modo acuito col Protestantesimo, è logocentrica, ossia è un ragionare che affida al linguaggio (verbale e scritto) la ricerca e l’espressione privilegiata del senso, siamo invece molto più influenzabili dalle immagini e meno capaci di interpretarle e distinguerle piuttosto che, ad esempio, in epoca medioevale. In quell’epoca, gran parte delle persone erano analfabete, o meglio non sapevano leggere, ma sapevano ben meglio di noi interpretare le immagini, ed erano in grado di comprendere il senso trasmesso da esse.

Chi è educato a leggerle, e sa che sono una finzione (anche le foto e i video, i reality show e i documentari sono fiction), sa altrettanto bene che una narrazione, una fiction, spesso racconta il vero. Il sapere che un’immagine è una finzione permette al suo lettore quella giusta distanza per interpretarne il senso, oltre all’immediatezza dell’impatto emotivo che essa è capace di suscitare. Di certo bisognerebbe armarsi della conoscenza della retorica, che non riguarda solo il linguaggio verbale, ma anche quello visivo. Laddove esiste una dittatura, lo studio della retorica è meglio abolirlo, perché permette di difendersi da argomentazioni fasulle, e lo stesso vale anche per le immagini. Il fatto che vi siamo immersi come una foglia in un torrente in piena non dimostra affatto che siamo in grado di comprenderle. Fondiamo i nostri giudizi su di esse, e chi ben sa usarle a questo fine vince decisive battaglie. Sia nella guerra in Ucraina, sia in quella a Gaza, siamo vittime di tali strategie, e in buona parte l’esito delle stesse battaglie dipende molto anche dal sapiente utilizzo delle immagini. Ad esempio, sulla guerra in Ucraina sono sparite, per lasciare il posto a quella di Gaza, rappresentazioni diverse, ma in realtà le stesse. Immagini utilizzate dai diversi fronti per sconfessare gli avversari. Questo vale anche in altri settori, non solo nell’informazione giornalistica, anche nella diffusione scientifica, su argomenti come il clima, ma pure in altri importanti campi della comunicazione del senso. Siccome, come dicevamo, percepiamo indistintamente tanto le immagini autentiche quanto quelle fasulle, quelle reali e quelle artificiali (ma in un certo senso sono tutte artificiali), è opportuno ricominciare a imparare a pensare non solo con la lingua ma anche con le immagini.