Editoriale

L’esaltazione del nulla e il giudice popolare

La sessione straordinaria convocata per dibattere l’incomprensibile arrocco leghista, trasformato in arrocchino per volontà governativa, ha conosciuto un pomeriggio di disarmante ordinarietà: tante parole inconcludenti e inconsistenti
©Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
26.08.2025 06:00

La sessione straordinaria convocata su impulso di 37 deputati per dibattere l’incomprensibile arrocco leghista, trasformato in arrocchino per volontà governativa, ha conosciuto un pomeriggio di disarmante ordinarietà. Tante parole inconcludenti e inconsistenti a nome del Governo da parte del presidente del collegio Norman Gobbi e altrettante, moltiplicate decine di volte, per bocca dei deputati che hanno preso la parola sulla base di un copione studiato a tavolino per mesi. Formalismi e concetti in stretto politichese e qualche definizione colorita nel tentativo di attirare l’attenzione dei media. O magari per ritagliarsi il pezzetto dallo streaming di Stato, per poi divulgarlo sui propri canali social.

A parole l’attesa era quella di capire cosa intendesse fare il Governo, cosa farà esattamente Norman Gobbi e cosa (l’assente ingiustificato) Claudio Zali a partire dal prossimo 1. settembre. Nessuno lo ha ancora capito, da una parte perché nessuno lo ha spiegato, d’altro canto perché nessuno bene ancora lo sa. Non lo sanno i 3/5 dell’Esecutivo che, in ordinato e sostanziale silenzio, hanno ascoltato il mare di parole prodotte anche sulla base di una scelta condivisa, dato che l’avallo all’arrocchino porta la loro firma. Gobbi e Zali hanno ottenuto il principio dello scambio, nella misura in cui i colleghi non si sono opposti. Questo è il dato politico di questa vicenda partita male e destinata a finire peggio. Poi il Parlamento è stato il luogo delle parole, finanche lo sfogatoio di ogni frustrazione, la tribuna per ogni pensiero più o meno altolocato (non in senso sociale, ma cerebrale).

A ragion veduta, alla luce del caos che il compromesso sta generando, vengono naturali alcuni rimpianti: in primis che i due leghisti (spinti dall’ideologia delle busecche e dalle sceneggiate domenicali) si astenessero dal fare propria l’assurdità dello scambio. Ma anche che il resto dell’Esecutivo mostrasse il coraggio vero di opporsi o magari di avallare integralmente l’idea originale, ma con una puntualizzazione. Responsabili sono i diretti interessati del pasticcio e non l’intero collegio. Oggi le cose stanno peggio: tutti e cinque portano sulle spalle una quota parte di responsabilità, cosa che fa naturalmente felici i due leghisti. Da questo punto di vista il Governo ha fatto la sola autentica mossa politica di questa legislatura, ma si tratta di un azzardo, dato che si sono assunti anche il peso di ciò che non potranno direttamente determinare su quanto, tra meno di una settimana, saranno solo i due leghisti a mettere in atto e disciplinare.

Zali e Gobbi hanno fatto impegnative promesse: il primo di risolvere il «non fatto» in tema di Giustizia, il secondo di dare vita ad un approccio in ambito di territorialità e scambi nord-sud attraverso il San Gottardo, come mai è stato fatto nel recente passato. Pur concedendo ad entrambi il principio della buona fede, fatichiamo enormemente ad immaginarli con la bacchetta magica nel risolversi in un batter d’occhio l’uno le debolezze altrui, trasformandole in virtù proprie. Nessuno può realizzare quanto promesso, nessuno nel nostro sistema è in grado di cambiare le cose senza collaborazione (che non è invasione di campo). Nessun consigliere di Stato può portare a casa ciò che gran parte del Parlamento finirà per osteggiare, anche sulla spinta di umori, vendette e dinamiche elettorali. La legislatura nel senso dei progetti è finita. Progetti che in realtà non abbiamo mai visto decollare. Ma rischia di chiudere con un salasso per i conti e con lo Stato a metterci le mani nelle tasche se alla fine del prossimo mese verranno accolte le iniziative generate dai poli di sinistra e di destra sulle casse malati. A fare paura è l’assenza di idee vere, di forza propositiva, di capacità nello spiegare e lo sconfinato uso di parole vuote di significato. Al termine dell’inconcludente pomeriggio di ieri rimane solo l’amaro in bocca per l’ennesima dimostrazione che nella politica di oggi scarseggiano le soluzioni, ma abbonda la confusione. Quella dettata dall’incapacità, quella generata ad arte per creare cortine fumogene.

Visto l’inconcludente bla-bla con tante parole inutili e nessuna capace di generare una vera visione produttiva per il Ticino di domani, unitamente all’esaltazione smisurata dell’ego politico di troppi, ci arrendiamo. Non vediamo come dal nulla possa nascere qualcosa. Il niente ha dominato la legislatura che si è aperta nella primavera del 2023. Lo spettacolo poco dignitoso del quale siamo stati disincantati spettatori fa scorrere di fatto i titoli di coda. Sin d’ora bussiamo alla porta degli elettori, in attesa che loro, e solo loro, sappiano con l’espressione più genuina della democrazia essere costruttori del Ticino di domani.