Il commento

L'FC Lugano e una precarietà acuita inutilmente

I bianconeri si apprestano ad affrontare il momento clou della stagione: e con l'infermeria piena, del «caso» Townsend non si avvertiva proprio il bisogno»
Massimo Solari
25.11.2023 06:00

Una vittoria nelle ultime sette partite. Tanti dubbi. E, di riflesso, un futuro professionale non più assicurato. Mattia Croci-Torti e Murat Yakin stanno attraversando una crisi. Certo, quella del tecnico bianconero potrebbe rivelarsi solo passeggera. Sgonfiandosi da qui a Natale. Il mandato del selezionatore rossocrociato - e lo abbiamo sottolineato a più riprese - è invece afflitto da mali profondi. Non per forza sanabili insistendo con l’attuale cura. «Ma da svizzero, non credo che tutto il lavoro di Yakin debba essere buttato via; alla fine la qualificazione all’Europeo è stata raggiunta» ha tenuto a precisare il Crus a poche ore dalla ripresa del campionato. Parlava del commissario tecnico elvetico, eppure nelle sue parole è sembrato di cogliere dell’introspezione. Forse un involontario meccanismo di autodifesa. L’allenatore del Lugano ha comunque aggiunto: «Ora stiamo a vedere quale reazione avranno la Federazione, lo stesso ct e - reputo giusto evidenziarlo - i senatori della squadra su tutti». Ecco, appunto: oltre che a livello di gravità, le precarie situazioni dei due allenatori si differenziano per le condizioni di partenza. O, se preferite, la natura del fattore scatenante. Yakin deve fare i conti con uno spogliatoio che rilutta. Croci-Torti con uno spogliatoio che è un mezzo relitto. Da un lato c’è un Manuel Akanji che all’ascolto preferisce il rumore. Dall’altro una serie di seggiolini vuoti e, sulla scrivania del mister, una pila di certificati medici.

La consonanza, insomma, è puramente formale. Anche se entrambi i tecnici saranno giudicati per le prestazioni e i risultati ottenuti sul rettangolo verde. E qui siamo al paradosso. Già, poiché a rischiare di più - a oggi - è colui che l’obiettivo lo ha centrato con un turno d’anticipo. Nonostante i margini per svoltare siano dati, a Cornaredo il rischio di compromettere due competizioni su tre nel giro di sette partite non può invece essere escluso. Che poi, non superare la fase a gironi di Conference League e ritrovarsi a sei, sette, otto lunghezze dal sesto posto in Super comprometterebbe per davvero la posizione del Crus? Il diretto interessato allontana nubi e cattivi pensieri. Di più: non si piange addosso, preferendo continuare a cavalcare ambizioni e consapevolezza. Lodevole. Finanche azzardato. I bianconeri, in effetti, si ritrovano ad affrontare il momento cruciale della stagione con una rosa decimata dagli infortuni. Una formazione impossibilitata a competere ad armi pari. Ed è un vero peccato per un collettivo che - seppur giusto nei numeri - era stato costruito per fare bene su ogni palcoscenico.

E a proposito della società. In vista dell’ultimo tour de force autunnale, si è pensato bene di privare lo staff tecnico di uno dei suoi perni. D’accordo i termini di disdetta, d’accordo i disegni da tempo abbozzati a Chicago, sta di fatto che la cacciata di Nicholas Townsend - per tutti il «prof» - disorienta. L’allenatore, i giocatori e pure la piazza, che almeno un paio di spiegazioni - non diciamo rassicurazioni - le meritava. La trasparenza, in via Pioda, pare tuttavia funzionare a corrente alternata. E anche questo è un peccato. «Perché togliere dal campo Nicholas Towsend non è come levare un conetto» ha affermato con forza l’oramai ex collega e amico Mattia Croci-Torti. Senza disfarsene completamente, l’allenatore del Lugano ha avuto il coraggio e la decenza di scostare dalla bocca il bavaglio imposto dal club. Al netto degli attestati di stima, il Crus ha suggerito la portata della separazione attraverso gli occhi lucidi e la voce rotta dall’emozione. «Non ci voleva, non adesso» il messaggio scritto a chiare lettere sul suo volto. A maggior ragione se a ricacciare in infermeria tanti, troppi elementi sono state le scelte infelici di altri. E cioè proprio di chi la genuina invadenza del «prof» faticava ad accettarla. L’auspicio, va da sé, è che il meglio - secondo la visione aziendale della proprietà - non finisca per essere nemico del bene. Quello dell’FC Lugano. Prima di tapparsi la bocca, e più o meno consapevolmente, Croci-Torti ha in fondo qualificato la mossa societaria per quello che è. «È la vita, che ci pone di fronte a nuove difficoltà, a nuove sfide». Difficoltà, appunto. Inutili e supplementari, delle quali si avvertiva tutto fuorché il bisogno. «Ma dobbiamo reagire in modo positivo. E dopo averle domandato fin troppe cose nelle ultime due settimane, alla squadra ho chiesto pure questo». Il Crus, perlomeno, può ancora farlo. Murat Yakin non è sicuro.

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