L'idea di pace in un mondo più fragile ed esposto

«Io e la mamma abbiamo litigato, ma poi abbiamo fatto la pace». Me lo ha confidato mia figlia, sette anni, l’altra mattina nel lettone. Mia moglie era già sveglia, noi invece siamo rimasti a poltrire in attesa del sole, della scuola, del lavoro. E a chiacchierare. Che bello sentirlo, e che bello immaginarlo: «Pace». Hanno fatto la pace, perché quando ci si vuole così bene non si litiga davvero, ci si educa a vicenda alla vita, alla genitorialità, allo stare assieme. Si cresce, sempre. E ci si completa. Ma quei piccoli momenti - in cui quello che sembra un litigio diventa di colpo «fare la pace» - sono preziosissimi. È quando l’universo si allinea.
Pace. Ormai faccio fatica a definirne i contorni. E tutto il mondo sembra condividere questa fatica. E infatti troviamo attributi da assegnare alla pace. Parliamo di «pace giusta», di «pace duratura», quando siamo pessimisti di «pace sostenibile». Come se la pace, da sola, non bastasse a definire l’assenza della guerra. Della serie: c’è pace e pace. Ne sa qualcosa l’Ucraina, con Volodymyr Zelensky che da mesi e mesi, da quando Donald Trump lo ha promesso in pompa magna, chiede una pace giusta. Che non è la pace a cui guarda la Russia. Ognuno ha una propria idea di pace, o perlomeno usa altri termini per descriverla, quando non per dettarla, per imporla.
«Il Premio Nobel per la Pace 2025 va a una coraggiosa e impegnata paladina della pace: a una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente». Inizia da qui la motivazione che accompagna l’assegnazione del Nobel a Maria Corina Machado. Sta lì, allora, il senso della pace: tenere accesa la fiamma della democrazia in mezzo all’oscurità, all’oscurità crescente. Dalla Casa Bianca sono subito scattati: «Perché non a Trump, allora?». Ma prosegue così, l’accademia norvegese, allontanandosi dall’autocandidatura del tycoon: «Questo è esattamente ciò che sta al cuore della democrazia: la nostra comune volontà di difendere i principi del governo popolare, anche se non siamo d’accordo. In un momento in cui la democrazia è minacciata, è più importante che mai difendere questo terreno comune». Machado si oppone, con la forza dell’esempio, a un regime brutale, quello venezuelano, rappresentato dal presidente Nicolas Maduro. Machado si batte per la verità in un Paese - in un’epoca, verrebbe da dire - in cui la verità sembra aver lasciato il posto all’autoritarismo, non solo nei fatti politici, ma persino nelle idee.
Proprio ieri, sempre ieri - in questo momento tutto sembra accadere in un solo tempo -, il Papa ha ricordato la figura di Hannah Arendt, nel corso della Conferenza dell’associazione Minds International. Ha detto: «Vale la pena di ricordare, in questa circostanza, il monito di Hannah Arendt per la quale “il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto oppure il comunista convinto, ma la persona per la quale non c’è più differenza tra realtà e finzione, tra il vero e il falso”». Nel richiamare i media al loro ruolo originario, Leone XIV ha mandato, al contempo, un messaggio al mondo, a questo mondo che sembra procedere ormai verso la deriva, da un’altra parte rispetto alla democrazia. E qui viene da riprendere le motivazioni del Nobel: «Quando i regimi autoritari prendono il potere, è fondamentale riconoscere i coraggiosi difensori della libertà che si ribellano e resistono. La democrazia dipende da persone che si rifiutano di rimanere in silenzio, che osano farsi avanti nonostante i gravi rischi e che ci ricordano che la libertà non deve mai essere data per scontata, ma deve sempre essere difesa, con le parole, con coraggio e con determinazione».
Insomma, la pace che ci eravamo abituati a vivere, e a pensare - immaginandola come quella più elementare dei piccoli rapporti privati -, non esiste più. Chiamatela, se volete, l’età dell’innocenza perduta. Perché questo è, per l’Occidente, che si è cullato a lungo in un’idea effimera di pace, lontana dalla guerra. Ha finto di non vedere, forse. O forse è questo che facciamo, per sopravvivere, per andare avanti nei nostri piccoli drammi quotidiani. Ora, anche di fronte alla tregua annunciata in Medio Oriente, sappiamo che quella è tutto fuorché pace. Sappiamo che è tutto complicato, difficilmente comprensibile, che gli interessi in gioco ci riguardano. Sì, riguardano anche noi. Noi che crediamo nella democrazia, ma che la vediamo anche, di colpo, più fragile.