L'immobilismo dell'Unione Europea sui migranti

Sono 131 mila gli emigranti irregolari sbarcati in Italia dal 1. gennaio al 20 settembre 2023. Secondo dati diffusi dal Ministero dell’interno, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2022 e il triplo rispetto al 2021. Ma per realizzare appieno le dimensioni assunte dal fenomeno e analizzarlo servono altri confronti. Il 2018 e il 2019 sono gli anni in cui si sono registrati meno arrivi: 23.370 e 11.471. Poi i numeri hanno ricominciato a salire fino a 105.131 nel 2022, anno in cui il totale degli ingressi nell’Unione europea attraverso il Mediterraneo è stato 159.410.
Negli altri quattro Paesi membri dell’Unione che per la loro posizione geografica sono meta di imbarcazioni in partenza dal Nordafrica e dalla Turchia, fino al 14 settembre sono giunte rispettivamente: 24.348 persone in Spagna, 22.921 in Grecia, 3.082 a Cipro e 271 a Malta. In Italia quindi sono arrivati circa due terzi degli emigranti irregolari via mare. Entro la fine dell’anno potrebbero giungere ad essere più della metà di tutti gli emigranti irregolari che si sono presentati alle frontiere dell’UE, compresi quelli che vi giungono a piedi lungo itinerari che attraversano l’Europa orientale. Queste sono le dimensioni del problema.
È evidente che l’Italia viene preferita dai migranti irregolari perché - a parità di condizioni - si ritiene sia più disposta ad accogliere, oltre che perché l’estremo lembo a sud del suo territorio, l’isola di Lampedusa, è molto vicino alle coste dell’Africa (più che a quelle della Sicilia di cui amministrativamente fa parte).
Due sono le questioni irrisolte che rendono attualmente il problema ingestibile. Una, sul lato dell’accoglienza, è il no degli Stati membri dell’Unione europea che non sono bagnati dal Mediterraneo a una modifica del trattato di Dublino siglato nel 1990 ed entrato in vigore nel 1997 con il quale venne stabilito che il Paese di primo arrivo di un richiedente l’asilo è responsabile esclusivo della verifica della fondatezza di tale richiesta e deve trattenerlo fino a tale accertamento: un meccanismo elaborato prima della caduta del Muro di Berlino, quando i candidati all’asilo erano pochi e quasi esclusivamente persone in fuga dall’Europa orientale e soprattutto dalla Germania Est.
L’altra questione, sul lato dell’afflusso, è la mancanza a tutt’oggi di un’azione in sede internazionale volta a spezzare la lunga catena organizzata dai trafficanti per portare fino alla riva sud del Mediterraneo migranti irregolari dai Paesi dell’Africa subsahariana, del Medio e dell’Estremo Oriente da cui provengono. Una lunga catena che andrebbe spezzata soprattutto nei suoi primi anelli, molto prima che queste masse di disperati raggiungano la coste del Nordafrica dopo aver attraversato il Sahara con perdite umane spesso più gravi di quelle che si registrano nel Mediterraneo.
In base al trattato di Dublino, l’Italia - che oggi riceve migranti irregolari diretti per lo più in Germania, in Svezia e in Francia - dovrebbe verificare la fondatezza del loro eventuale diritto di stabilirsi nell’Unione europea con in più questa complicazione: mentre le poche decine di migranti non autorizzati dall’Est Europa degli anni Ottanta del secolo scorso erano ben disposte a restare in centri di accoglienza in Germania fino al previsto riconoscimento del loro diritto d’asilo, le migliaia di migranti non autorizzati che giungono oggi in Italia provenienti dall’Africa subsahariana e dal Medio ed Estremo Oriente non vedono l’ora di scappare verso i Paesi nordeuropei dove sono attesi da loro parenti o amici. Accade perciò in Italia che i migranti raccolti nei centri di accoglienza di continuo se la squaglino diretti al confine con la Francia e con l’Austria, tanto più che, non essendo detenuti, non gli si può fisicamente impedire di allontanarsi.
Di fronte a questo stato di cose non mancano solenni dichiarazioni ad esempio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen la quale, recatasi di recente a Lampedusa, da lì ha proclamato che quella delle migrazioni irregolari è una questione di cui l’UE avrebbe dovuto farsi carico sin dal 2015. O anche del presidente della Germania Frank-Walter Steinmayer che in un’intervista pubblicata il 20 settembre dal «Corriere della Sera» ha dichiarato che «non è la prima volta che dico che noi del resto d’Europa non abbiamo abbastanza riconosciuto questa assunzione di responsabilità da parte italiana» riguardo ai migranti irregolari. Poi in sede europea non si muove nulla e tutto va avanti come prima tanto più che incombono le votazioni del 2024 per il rinnovo del Parlamento europeo e in Germania, in Francia e altrove nessuno osa proporre agli elettori una modifica dello status quo in tema di immigrazione irregolare.