Editoriale

L'inflazione è l'ossessione dei banchieri centrali

Anche la Banca centrale europea, dopo la Fed, ha deciso di alzare di un quarto di punto i tassi di riferimento per la zona euro. E per Lagarde non è ancora finita
Generoso Chiaradonna
05.05.2023 06:00

Due giorni fa la Banca centrale europea (BCE), tra la miriade di analisi e report che pubblica regolarmente, ammetteva che la domanda di prestiti nella zona euro nei primi tre mesi di quest’anno era fortemente diminuita. La causa? Più di una, in realtà, e tutte dirette conseguenze una dell’altra: l’aumento dei tassi d’interesse, la diminuzione degli investimenti e l’indebolimento dei mercati finanziari. Secondo le stesse banche interpellate dalla BCE, «la stretta dei prestiti alle imprese e per l’acquisto di abitazioni è stata più forte di quanto immaginato e indica un persistente indebolimento della dinamica dei crediti». Sempre secondo l’istituto di emissione europeo, «i principali motori dell’inasprimento sono stati una maggiore percezione del rischio e, in misura inferiore, una minore propensione al rischio da parte delle banche». Tradotto ciò vuol dire che il deciso aumento dei tassi attuato dalla stessa BCE nei mesi scorsi ha indotto le imprese e famiglie a ritardare le decisioni di investimento e le stesse banche ad aumentare la soglia di attenzione quando hanno a che fare le richieste di credito.

Insomma, sono gli effetti collaterali della volontà di moderare le aspettative inflazionistiche, quindi l’aumento dei prezzi, con una politica monetaria più restrittiva. Inflazione che però sta rialzando la testa dopo un periodo di relativo rallentamento della corsa dei prezzi. Ad aprile, per esempio, nella zona euro è risalita al 7% sua base annua. Ed è proprio questo il motivo che ha spinto la BCE ad aumentare di 25 punti base i tre tassi di riferimento (di deposito, di rifinanziamento principale e quello marginale) che ora vanno dal 3,25% al 4%. Si tratta del settimo aumento consecutivo dallo scorso luglio. In pratica si è passati da zero al 3,75% di ieri in pochi mesi dopo anni di iniezioni di liquidità a getto continuo – i famosi quantitative easing - e costo quasi nullo del denaro che ha spinto al massimo la leva del debito e l’euforia dei mercati finanziari che negli anni scorsi festeggiavano stappando champagne a ogni taglio dei tassi d’interesse. Manovrare il rientro da questa politica - anche in Svizzera, dove la Banca nazionale svizzera è passata dalla lunga stagione dei tassi negativi (-1,75%) al +1,50% del marzo scorso - non è facile. Il rischio concreto è quello di far deragliare l’economia reale facendola sprofondare in una situazione di stagnazione economica senza scalfire più di tanto l’inflazione che ha ormai dimostrato di avere dinamiche e origini non monetarie. La stagflazione, quindi, non è un rischio remoto. Se a questo si aggiunge una crisi bancaria neanche tanto latente che ha come epicentro gli Stati Uniti e finora soffocata soltanto grazie a importanti interventi pubblici, le prospettive non sono rosee. L’ultimo fallimento bancario in ordine di tempo con relativo salvataggio è quello della First Republic Bank da parte della JP Morgan. È il terzo istituto californiano a sparire nel giro di pochi mesi. Un intervento che somiglia molto a quello del marzo scorso di Credit Suisse acquisita - su spinta e garanzie finanziarie della Confederazione – dalla concorrente UBS. Ma altre si stanno affacciando alla ribalta della cronaca come la PacWest Bancorp, la Western Alliance Bancorp e First Horizon. Tutte bisognose di liquidità e fiducia.

I banchieri centrali da una parte e dall’altra dell’Atlantico continuano però a indicare la sola corsa dei prezzi come il problema principale delle economie sviluppate. Anche la Fed ha adeguato al rialzo questa settimana il suo tasso guida portandolo al 5,25% facendo però intendere che potrebbe essere l’ultimo per quest’anno. Chi guida le istituzioni monetarie conosce benissimo i rischi che il settore bancario sta correndo, anche a causa della rapida stretta e del volume di debito accumulato negli anni scorsi. Un’equazione ambiziosa e complicata da risolvere.