Il commento

L’insidioso cammino del franco

L’attenzione dei commentatori economici svizzeri è focalizzata da settimane sulle tariffe doganali americane sulle nostre esportazioni, al 39%
Giovanni Barone Adesi
Giovanni Barone Adesi
14.11.2025 06:00

L’attenzione dei commentatori economici svizzeri è focalizzata da settimane sulle tariffe doganali americane sulle nostre esportazioni, al 39%. Si spera che verranno presto ridotte, ma già adesso il loro impatto, pur grave su alcune industrie, è limitato sulla nostra economia nel suo complesso. Un problema più significativo per l’occupazione e le aziende è oggi la forza del franco che, pur aiutandoci a contenere l’inflazione, rende meno facili le nostre esportazioni.

La Banca Nazionale sembra poco propensa ad intervenire per indebolire il franco, nonostante le molte richieste in questo senso che riceve. Una ragione ovvia per la sua cautela è la necessità di non agire in modo avventato mentre sono in corso delicati negoziati con gli Stati Uniti. Vi è inoltre un timore meno apparente, ma forse più insidioso, che origina all’altro estremo del continente eurasiatico.

Da molti anni la speculazione intenazionale sulle valute prediligeva indebitarsi in valuta giapponese per investire in dollari, il così detto carry trade. Questa strategia consentiva di lucrare sulla differenza tra tassi d’interesse americani e giapponesi. Ma avrebbe perso se il dollaro si fosse deprezzato nei confronti dello yen. Le autorità giapponesi, fino a qualche mese fa, non consentivano che lo yen si apprezzasse sul dollaro. Il loro brusco cambio di passo recente, dovuto al passaggio del Giappone dalla deflazione all’inflazione, ha prodotto tassi d’interesse più alti e forti perdite per la speculazione internazionale, forzando gli speculatori a chiudere le loro posizioni.

Il franco svizzero è rimasto oggi così l’unica valuta con tassi d’interesse prossimi allo zero. La Banca Nazionale sa bene che un aumento dei tassi porterebbe ad un rapido rafforzamento del franco. Pertanto si guarda bene dal permetterlo.

D’altra parte, i tassi attuali potrebbero allettare gli speculatori a vendere franchi per acquistare dollari. Oggi la speculazione però é frenata dal timore di un nuovo rafforzamento del franco. Se questo timore si dissipasse, il franco potrebbe essere soggetto ad una valanga di vendite che ne ridurrebbe rapidamente il valore, ben oltre quanto desiderabile. Questo incoraggerebbe ulteriore speculazione al ribasso, minando la stabilità dei prezzi per i consumatori svizzeri, fortemente dipendenti da beni importati.

Paradossalmente, l’indebolimento invocato del franco, andando ben oltre il livello desiderato, forzerebbe la Banca Nazionale a forti aumenti dei tassi d’interesse e la Svizzera andrebbe in recessione. Per evitare questa spiacevole prospettiva le autorità elvetiche devono continuare ad agire con la loro tradizionale prudenza, prestando attenzione non soltanto ai problemi alla ribalta, ma anche ai rischi apparentemente lontani, che possono generare rapidamente tsunami destabilizzanti per la nostra economia.