Ventisei Cantoni

Meno ospedali?

Nella piccola Svizzera ci sono 276 nosocomi, uno ogni 30.000 abitanti
Moreno Bernasconi
25.04.2023 06:00

Nella piccola Svizzera ci sono 276 ospedali, uno ogni 30.000 abitanti. Un quadro rallegrante – vien da dire – tanto più che la qualità delle cure è molto elevata nel nostro Paese. Ma tutto ciò ha un prezzo: gli ospedali costano agli assicurati 12 miliardi all’anno e altri 10 miliardi ai Cantoni (quindi ai contribuenti). Fra gli interventi necessari per frenare l’esplosione dei costi del sistema sanitario (sempre più gravoso per un numero elevato di economie domestiche) non sarebbe quindi sensato pensare ad una riduzione del numero di nosocomi? Alla vigilia della pandemia, all’inizio del 2020, le autorità sanitarie dei Cantoni della Svizzera orientale avevano risposto affermativamente a questa domanda lanciando un vasto progetto di collaborazione comprendente gli ospedali di 6 cantoni (San Gallo, i due Appenzello, Glarona, Turgovia e Grigioni), decisi a realizzare una pianificazione sanitaria comune.

L’obiettivo a medio termine dichiarato era una sensibile riduzione del numero di ospedali «che evitasse costosi doppioni» nell’offerta e un coordinamento delle cure secondo un principio pianificatorio regionale e non cantonale, in grado - questa la convinzione - di migliorare la qualità delle cure e non il contrario. L’argomento portante del progetto era che più casi un ospedale e un chirurgo trattano, più acquisiscono competenza e qualità: per avere una ragion d’essere, un ospedale regionale dovrebbe quindi «dimostrare di avere un numero minimo di casi trattati», segnatamente per quanto riguarda gli interventi operatori. A lanciare l’ambizioso progetto, era stata la Consigliera di stato socialista sangallese e Presidente della Conferenza dei direttori cantonali della sanità Heidi Hanselmann, che dopo aver ottenuto l’adesione dei suoi colleghi appenzellesi, aveva convinto Glarona, Grigioni e in un secondo tempo anche Turgovia. L’iniziativa era vista dalle autorità federali (e da altre regioni) come un interessante progetto pilota perché toccava un tasto delicato: quello del federalismo e dall’autorità cantonale nel campo sanitario. L’euforia è durata solo tre anni (praticamente il lasso di tempo della pandemia, e ci si chiede se quest’ultima non abbia contribuito a tagliargli le gambe). La settimana scorsa, infatti, è stato annunciato che i Cantoni dei Grigioni, Glarona (che con i Grigioni ha affinità storiche e geografiche) e Turgovia abbandonavano il progetto. La pianificazione ospedaliera della Svizzera orientale è fallita. Turgovia (il cui sistema sanitario è efficace e finanziariamente virtuoso) ha ritenuto il progetto poco vantaggioso. I Grigioni (regione geograficamente molto estesa e con una mobilità complicata dalle montagne) hanno contestato il principio del numero minimo di casi che avrebbe decretato la chiusura di diversi nosocomi, soprattutto in Engadina e nelle altre regioni di montagna. Hanno quindi proposto agli altri Cantoni membri della pianificazione sovra-regionale di poter essere esclusi dal principio del numero minimo di casi oppure di applicare un criterio di distanza massima in chilometri per l’accesso alle cure. Andare a farsi curare a Coira dalla Val Monastero o anche dall’Engadina non è infatti una passeggiata, in particolare in inverno. E nella nuova pianificazione ospedaliera sovra-regionale, lo stesso ospedale cantonale di Coira avrebbe rischiato di perdere non solo la propria centralità ma anche la possibilità di guadagnare in qualità delle cure restando competitivo rispetto all’Ospedale di San Gallo. Che sarebbe risultato il grande vincente dell’operazione e avrebbe ottenuto de facto una posizione di monopolio. Di fronte al «Nein» degli altri partner, Coira ha deciso di scendere dal carro.

Il fallimento del progetto di pianificazione ospedaliera della Svizzera orientale dimostra quanto la Svizzera federalista sia refrattaria a ridisegnare le mappe degli elementi del sistema secondo principi di efficienza numerica rigida e non a geometria variabile. Perché in gioco - non solo nella sanità - ci sono persone e non numeri. Principi come, ad esempio, la prossimità (la pandemia insegna) giocano un ruolo fondamentale. Anche se hanno un prezzo.