Messaggio in bottiglia

Quella che sto per raccontarvi è una storia vera. Il 19 febbraio del 1999, 25 anni fa, il professor Vasco Gamboni, docente e appassionato studioso e animatore della sua valle Onsernone, sta passeggiando con il proprio cane verso la foce del fiume Ticino, costeggiando le Bolle di Magadino. Ad un tratto vede spuntare fra pietrisco e arbusti il collo di una bottiglia impolverata. Un po’ irritato per questo rifiuto nella natura, Gamboni prende la bottiglia, incrostata di terra (una di quelle vecchie bottiglie di gazosa con chiusura a macchinetta) e intravede un pezzo di carta arrotolato. Lo estrae, e vi legge: «Oggi, 1 maggio 1965, abbiamo fondato la Pattuglia della Coccinella. Abbiamo anche il nostro aiutante, il cane Black, sperando che ci aiuterà nelle difficoltà. Le leggi: 1: Amare e aiutare il prossimo 2: Rispettare le piante e gli animali 3: Mantenere i segreti della pattuglia 4: La Coccinella è sempre gentile e di buon umore 5: La Coccinella non teme ma spera. Firmato: Massimina Rainoldi, Franca Togni, Mariagrazia Bonazzetti e Tullia Suffiotti».
La grafia è manifestamente un po’ infantile, Vasco Gamboni è intrigato dalla cosa, porta la bottiglia a casa e comincia le sue ricerche. I cognomi delle ragazze non portano a nulla (forse si erano sposate cambiando nome) salvo in un caso: il professore trova il recapito di una Mariagrazia Pelli Bonazzetti, la contatta e scopre che si tratta di una produttrice della RSI che ha sposato il giornalista culturale della RSI Enzo Pelli, che lui conosce bene, guarda tu il caso. Mariagrazia è proprio una delle quattro Coccinelle di tanti anni prima e si affretta a cercare le sue compagne di allora per dire loro di questo passato riaffiorato che magari era già stato un po’ seppellito, oltre che nelle sabbie della foce, anche nell’animo. E la storia riaffiora. Dalla sabbia e dai cuori.
Le quattro ragazzine allora avevano 12 anni, amiche per la pelle a Biasca, nel quartiere al Ponte, e avevano creato una loro piccola «banda», nella geografia sociale delle bande di ragazze e ragazzi di allora, quando i giochi non erano elettronici e i rapporti non telefonici. Come ogni banda che si rispetti anche quella della Coccinella aveva delle regole chiamate «leggi» e naturalmente un covo, una minuscola isoletta nelle acque (guadabili a piedi in quel punto) dove si incrociavano il fiume bleniese Brenno e il fiume Ticino, dalle parti di Pollegio. Il primo maggio del 1965, quasi sessant’anni fa, le quattro dodicenni scortate dal cane Black sigillarono in una bottiglia di gazosa il loro patto e le loro leggi e la seppellirono nella terra dell’isolotto. Poi gli anni passarono, le ragazze crebbero e ognuna seguì le piste dei propri destini, età adulta, famiglia, lavoro, vita.
Nel frattempo quella zona di fiume fu radicalmente trasformata dai lavori della nuova austostrada, l’isolotto sparì nelle acque e la bottigla liberata navigò nel Ticino, arrivando alla foce e sparendo nel lago per finire, ributtata da qualche innalzamento alluvionale di acque, in quel luogo accanto alle Bolle dove 35 anni dopo Vasco Gamboni la ritrova. Nelle quattro ragazzine di allora, nel frattempo diventate mature, si ridestano ricordi ed emozioni e un giorno si ritrovano tutte inseme con Vasco Gamboni sul luogo del ritrovamento, quasi in raccoglimento: la memoria d’infanzia, riaccesa, secerne talvolta emozioni vivide nel flusso delle esistenze e del tempo, fra tenerezza e malinconia. Le quattro ragazzine oggi, a 58 anni da quel patto, ne compiono 70 (auguri!), il che è già gran cosa dentro gli enigmi del destino. È singolare il fatto che quelle quattro ragazzette biaschesi avessero anticipato di gran lunga una sensibilità per l’ambiente e la natura (Greta Thunberg era di là da venire) e avessero anche abbozzato dei propositi molto seri di amore al prossimo, persino un po’ evangelici e comunque umanissimi : «la Coccinella non teme ma spera». Miracoli di quelle stagioni dorate a mezza via fra infanzia e adolescenza.
In questa bella storia vera io vedo anche una metafora che riguarda il grande mistero del tempo. Quel messaggio in bottiglia riemerso e ritrovato da Vasco Gamboni come se egli fosse un marinaio d’acqua dolce, riporta in qualche modo il passato nel presente. A pensarci bene, anche i nostri ricordi, quando vengono pensati con sensibilità e affetto, sono messaggi in bottiglia affidati alla corrente del tempo che riaffiorano, e ci fanno bene.