Il commento

Nella Grande Mela il seme di un nuovo Partito democratico

Nato in Uganda da genitori di origini indiane, Zohran Mamdani ha vinto le primarie democratiche per le elezioni a sindaco di New York - Una sua conferma alle elezioni di novembre potrebbe avere un grosso impatto sugli interi Stati Uniti
Giacomo Butti
25.06.2025 19:15

Giovane, progressista, musulmano. Nato in Uganda da genitori di origini indiane, Zohran Mamdani ha vinto le primarie democratiche per le elezioni a sindaco di New York. Per conoscere il risultato finale, è vero, potrebbero passare ancora diversi giorni. Ma questa mattina il 33.enne aveva ottenuto più del 43,5% delle preferenze con il 93% dei voti scrutinati, mentre il suo principale avversario, Andrew Cuomo - ex governatore di New York e precedente favorito - si trovava al 36,4%. Una distanza sufficiente per convincere Cuomo a concedere all'avversario la vittoria, per ora. L'ex governatore dello Stato di New York, costretto nel 2021 alle dimissioni dopo diffuse accuse di molestie sessuali, potrebbe tornare alla carica, come indipendente, nelle elezioni previste il 4 novembre. E non è detto che la campagna di Cuomo, finanziata da donatari miliardari, perda nuovamente contro quella di Mamdani, basata più su movimenti di base (grassroots).

Certo, nel frattempo il 33.enne, autodefinitosi un "democratico-socialista", si gode, insieme ai suoi alleati, la vittoria. Totale outsider fino a pochi mesi fa, Mamdani ha condotto una campagna incentrata sui crescenti costi della vita a New York, proponendo, ad esempio, un congelamento degli affitti, una flat tax per persone che guadagnano più di un milione all'anno, trasporti gratuiti, assistenza all'infanzia. Tutti argomenti che, evidentemente, hanno convinto non solo alcuni fra i maggiori leader progressisti del Paese (Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders, per dirne un paio, hanno dato il loro endorsement al 33.enne), ma anche buona parte dei cittadini di New York.

Questo primo successo di Mamdani, per certi versi, potrebbe rappresentare un momento catartico per l'intero Partito democratico. Come già emerso nelle presidenziali 2024, quando le concessioni di Kamala Harris alle correnti conservatrici avevano finito per alienare parte della sua base elettorale, il centrismo non sembra più corrispondere alla visione di una grossa fetta dell'elettorato dem. La sconfitta di Cuomo, appartenente a questa ala moderata e vicina all'establishment, è indizio di una voglia di cambiamento e un segno di speranza per una frangia progressista che, pur avendo successo fra i giovani, aveva faticato a trasformare il sostegno in voti.

New York, del resto, non è una città qualunque. Il sindaco della capitale economica del Paese ha potere su un budget da 115 miliardi di dollari e su un corpo di 300 mila dipendenti. Se Mamdani, a novembre 2025, dovesse riuscire a imporsi, avrebbe la possibilità di portare le sue idee su un palco nazionale. E qui arriverebbe la parte difficile: superare la storica diffidenza americana sulle capacità, da parte della sinistra, di trasformare le proprie idee in realtà. In una parola: governare. Dopo le difficoltà incontrate recentemente a Chicago da un altro sindaco progressista, Brandon Johnson, è chiaro che ogni errore di Mamdani, al quale già si contesta una certa inesperienza in campo amministrativo, verrà sfruttata per attacchi politici che si riverbereranno su tutto il progetto progressista portato avanti dai già citati Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. Il 33.enne avrà una manciata di mesi per mostrare la bontà del proprio progetto, prima delle elezioni midterm. Se dovesse avere successo, l'impatto potrebbe essere nazionale e portare alla nascita di un fronte abbastanza solido da opporsi all'onda MAGA.

Nella Grande Mela, insomma, c'è il seme per un nuovo Partito democratico. Bisognerà attendere per vedere se riuscirà a germogliare.