Osservare il mondo
Ci siamo lasciati alle spalle lo sprint della partenza, il Festival è iniziato. E una prima riflessione è obbligata: non possiamo dimenticare che, mentre noi celebriamo il cinema, la creatività, l'ingegno e il piacere di ritrovarsi davanti a uno schermo, come una comunità che discute, si incontra e si confronta, il mondo va purtroppo in un’altra direzione. Una direzione di sempre maggiori separazioni, con guerre regionali che sono sempre lì, presenti, a distruggere esistenze e vite.
Apprezziamo il fatto di poterci ritrovare al buio di una sala per lasciarci andare al flusso delle immagini. Ma non trascuriamo tutto il resto. Il Festival è dentro il mondo. Vive nel mondo e partecipa alle discussioni più ampie.
Oggi si parla molto di intelligenza artificiale e di come questa possa o meno sostituire la creatività umana. Un osservatorio interessante per capire quale sia oggi lo stato dell’arte di questa problematica è rappresentato dal film di Edgar Pêra Cartas Telepáticas, Lettere telepatiche, nel quale si immagina una conversazione fra Fernando Pessoa, il più grande poeta portoghese, e Howard Phillips Lovecraft, uno dei maggiori autori di letteratura fantastica. Questa conversazione, in realtà, non è mai esistita. Edgar Pêra ha infatti realizzato il film facendo ricorso esclusivamente a tecnologie della intelligenza artificiale, creando archivi alternativi e trattandoli come se fossero invece materiali filologicamente corretti.
Ne è uscito un film che, in qualche modo, ci riporta paradossalmente al dilemma storico se Omero sia mai veramente esistito. E questo modo di affrontare la problematica della trasmissione della formazione, della tradizione testuale, Edgar Pêra lo presenta con una battuta paradossale, molto divertente: dice che il suo film è l’era VHS dell’intelligenza artificiale.
Se, da un lato, con il film del regista portoghese andiamo avanti, dall’altro - grazie alla retrospettiva della Columbia - abbiamo la possibilità di rileggere il passato o, meglio, di tentarne una diversa lettura. Una possibilità che ci è concessa anche oggi da una serie di film poco noti della casa di produzione americana: penso a Man’s Castle di Frank Borzage, o a Let Us Live di John Brahm. Film che sono parte della storia della Columbia, ma che in qualche modo anche i cinefili hanno mancato, essendo considerati “minori” (virgolette obbligatorie).
Ma poi, come dicevano i filosofi mentre tentavano di salvare i rotoli dall’incendio della Biblioteca di Alessandria, quali sono davvero le opere minori? In questo dialogo fra le opere di oggi, le opere di domani e quelle del cosiddetto passato, si crea una dialettica nella quale lo sguardo dello spettatore tenta di orientarsi. Spero che questa bussola locarnese possa aiutare a volgere lo sguardo in una giusta direzione.