Il commento

Paghi uno compri due

Il piacere di ricevere qualche cosa gratuitamente solletica tutti, è difficile resistervi ed è alla base di molti imbrogli, grandi o piccoli
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
09.06.2023 06:00

È l’offerta di ogni imbonitore, ovviamente falsa perché in caso contrario il venditore fallirebbe. Il piacere di ricevere qualche cosa gratuitamente solletica tutti, è difficile resistervi ed è alla base di molti imbrogli, grandi o piccoli.

Questa nostra inclinazione influenza pure il nostro giudizio nei confronti degli interventi dello Stato. Al continuo accollare compiti all’ente pubblico, ai diversi livelli, con il susseguirsi di relative leggi e regolamenti contribuisce sotto sotto l’idea che a pagare saranno gli altri, che riceviamo qualche cosa senza sborsare niente. Illusioni, se una volta saranno le tasse degli altri a sovvenzionare me, un’altra volta succede il contrario, pagherò tasse per coprire esborsi destinati a terzi. Se lo Stato aumenta i debiti la sua solvibilità si indebolisce, i tassi d’interesse nel futuro saranno più cari, non facciamo certo un piacere alle generazioni che ci seguono. A ciò dobbiamo aggiungere che la mediazione della burocrazia pubblica per implementare, organizzare e sorvegliare la spesa (gli aiuti statali) non è gratuita e il costo è stato stimato spesso nel 10%, vale a dire soldi sottratti alla destinazione finale, indirettamente, se vogliamo, all’investimento produttivo, alla destinazione prevista.

Infine, è comprensibile che un generoso utilizzo di soldi che non si sono dovuti guadagnare con il corrispettivo impegno risulta più facile. Non per nulla la signora Thatcher faceva la distinzione tra il «money» e «my money». Questa illusione che gli interventi statali, al di là di quelli strutturali e indispensabili e di una doverosa socialità, siano manna distribuita, ha portato, quando ci si è accorti che la possibilità di imporre tasse e imposte ha dei limiti fisiologici, a ricorrere sempre più all’indebitamento.

Dagli ultimi decenni dello scorso secolo il tasso di indebitamento degli Stati è aumentato vertiginosamente. Nel 1999 all’introduzione dell’euro si era fissato il tasso massimo di indebitamento per le nazioni dell’UE aderenti alla moneta unica al 60%. Oggi abbiamo la Francia al 112%, l’Italia al 145%, la Spagna al 113%. Sono, dopo la Germania, le tre economie più importanti dell’UE. Gli USA dal canto loro sono al 120% (32mila miliardi di dollari). Deve preoccupare il fatto che il trend non fa prevedere una discesa da tali livelli e neppure un arresto generale degli aumenti. Siccome l’intervento statale diretto origina oggi perplessità e opposizioni ci si è orientati su un’altra categoria, quella dei sussidi che trova molto meno resistenza. Innanzitutto lo Stato non interviene direttamente, non occupa spazi dell’economia (apparentemente) ma si dice aiuti l’economia stessa, la sussidia, le permette ciò che (forse) non le sarebbe possibile.

L’IWP (Institut für Schweizer Wirtschafspolitik) dell’Università di Lucerna ha recentemente pubblicato un interessante studio che ci dice che in Svizzera annualmente vengono erogati sussidi per 48,5 miliardi di franchi, che rappresentano i due terzi dell’intera spesa della Confederazione e siamo oltre al 6% dell’intero PIL svizzero.

I diversi enti beneficiari di tali sovvenzioni a svariati titoli sono 288.000 e lo studio ha analizzato le singole erogazioni, dividendole tra economicamente utili, discutibili e infine addirittura controproducenti. A queste due ultime categorie appartengono ben 38 dei miliardi di franchi erogati annualmente. Le sovvenzioni, nota correttamente lo studio, consistono nel privilegiare alcuni che vengono finanziati da tutti.

Il sussidio già di per se stesso ha un’intrinseca pericolosità perché in taluni casi falsa l’equilibrio dei mercati aiutando alcuni partecipanti e sfavorendone altri, o peggio ancora tiene in vita attività produttive non o non più giustificate, fra le quali le famose ditte «zombi». In quest’ultimo caso interventi diretti a favore dei lavoratori (spesso la ragione per la quale si vuol tenere in vita una ditta fallimentare) sarebbero meno costosi e più efficienti.

Infine è risaputo che spesso sussidi all’acquisto anche nell’ambito dell’economia privata (ad esempio per automobili) inflazionano temporaneamente la domanda che però si affloscia a imbonimento terminato. Sono un elemento di squilibrio.

Ma i sussidi, e pensiamo particolarmente ai non e meno giustificabili, addirittura da impatto destabilizzante, negativo, hanno dalla loro una forza imbattibile: i politici, tutti e di qualsiasi partito, dall’estrema sinistra all’estrema destra, compreso chi non si risparmia nel lodare e difendere i vantaggi dell’economia di mercato e del liberalismo. Ognuno si batte per la propria clientela.

Sono diventati il mezzo più comodo ed efficiente per acquisire meriti, e quindi consensi e voti, nei più disparati ambiti della società e quindi dei votanti. Attingere alle casse (anche non particolarmente floride) dello Stato per acquisire (comperare?) voti. In Svizzera il totale dei sussidi è passato da 30 miliardi di franchi nel 2008 agli attuali, con un aumento del 50%.

Purtroppo per finire il conto verrà presentato, in parte prima e in parte (vedi debiti da ripagare e che costano interessi) dopo ai contribuenti, quelli di oggi ma ancor più agli sfortunati di domani che se li dovranno accollare quale pesante eredità.