Piersilvio Berlusconi sulle orme di papà Silvio

Il fantasma della ricomparsa della famiglia Berlusconi sulla scena della politica italiana ha ripreso corpo all’inizio del corrente mese quando Piersilvio Berlusconi, amministratore delegato di Mediaset, nel presentare i palinsesti per la prossima stagione 2025-20226 del colosso mediatico che presiede, ha colto l’occasione per toccare l’argomento. «Oggi non ho nessuna intenzione e non penso alla politica», ha detto, ma «guardando al futuro non lo escludo». Il futuro, si può immaginare, è il 2027 quando sono in programma in Italia le votazioni per il rinnovo del Parlamento tanto più che, avendo egli attualmente 56 anni, ha osservato che suo padre è entrato in politica a 58 anni. «… Io oggi non ne ho nessuna intenzione», ha aggiunto, «ma guardando al futuro non lo escludo, ma così come non escludo tante altre cose nella mia vita È una brutta bestia, la politica. Io faccio finta che non esista. Ma se ci penso, parto. L’idea mi crea passione».
Ha poi lodato Giorgia Meloni dicendo che «sta facendo un lavoro unico: donna, giovane, venuta da nulla, ha messo su il miglior governo d’Europa (…) sta facendo il massimo nell’interesse del Paese». E a chi gli obiettava che Meloni sta facendo meno di quanto aveva promesso ha replicato che «deve sempre trovare l’equilibrio tra il ruolo da primo ministro e parlare ai suoi elettori da leader del centrodestra. Secondo me sta facendo un lavoro unico. Il suo è il migliore governo possibile. (…) guida il migliore governo d’Europa: tanto di cappello».
Alle lodi a Meloni ha fatto riscontro invece un giudizio molto critico su Forza Italia, il partito fondato da suo padre: «Il problema di Forza Italia è che sono anziani, non dico anagraficamente. Sono anziani per mentalità. Ci vorrebbe una iniezione di forze nuove». Il riferimento è evidentemente ad Antonio Tajani, Maurizio Gasparri e gli altri che hanno attualmente in mano il partito. «Bisogna», ha detto chiaro «guardare avanti e introdurre nella squadra del partito presenze nuove, idee nuove, lavoro nuovo».
Piersilvio sollecita insomma il rilancio di Forza Italia. E ritiene che il partito debba occuparsi innanzitutto di «pensioni, sanità e tasse da abbassare» e lasciare da parte altri problemi come ad esempio quello, su cui si è molto impegnato Tajani, della concessione della cittadinanza ai minori stranieri che studiano in Italia, il cosiddetto ius scholae, che, ha osservato, «non mi sembra sia una necessità tra le prime per gli italiani», anche se dice di condividerne la proposta «in linea di massima» ma onestamente di avere dei dubbi «sulla priorità».
Con la sua «discesa in campo» (per usare un’espressione già usata da suo padre) nel mondo della politica a che cosa punta Piersilvio? Ad un centrodestra più inclusivo, competitivo e moderno dell’attuale intendendo con questi termini una forza politica del tutto post-ideologica e senza nessi con alcuna delle visioni del mondo e delle culture che, caduto il fascismo, si affermarono in Italia dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Diversamente da suo padre, che si era politicamente formato all’ombra di Bettino Craxi e del suo Partito Socialista Italiano, Piersilvio non sembra avere e proporre altro che obiettivi immediati e pratici, al di fuori di qualsiasi orizzonte d’insieme.
Analoga, sull’opposto versante della vita pubblica italiana, è la figura di Urbano Cairo, presidente del gruppo editoriale RCS/Corriere della Sera e del gruppo televisivo La7. A sua volta nell’area di centrosinistra Cairo costituisce - pur senza aver finora manifestato la volontà di affacciarsi direttamente nell’agone politico italiano - il riferimento e il motore di una linea tutta definita da obiettivi immediati e pratici, senza più nessi con alcuna precisa visione del mondo.
In entrambi i casi alla radice della leadership c’è il controllo non più di un partito ma di un grande gruppo che opera nel campo della comunicazione: un fenomeno che, nel suo insieme, allunga delle ombre sul futuro della democrazia in Italia.