Il commento

Più che un rigore, un'altra promessa

La nazionale svizzera in Slovenia cerca una qualificazione mondiale alla quale manca un solo tassello
Massimo Solari
13.10.2025 06:00

I rigori calciati in carriera da Granit Xhaka si contano sulle dita di una mano. No, non si tratta della specialità della casa, anche se quanto accaduto a Euro 2016 ha evidentemente influito sulla predisposizione del diretto interessato. Il fatto che il capitano rossocrociato abbia deciso di presentarsi sul dischetto della Strawberry Arena, venerdì sera a Stoccolma, non è dunque passato inosservato. Anzi, ha contribuito a chiarire la dimensione della vittoria ottenuta contro la Svezia.

Sette anni dopo il tentativo dagli undici metri realizzato nella spensierata goleada rifilata a Panama e - soprattutto - a quasi dieci di distanza dall’errore fatale negli ottavi di finale con la Polonia, il leader della Nazionale ha indurito ulteriormente la propria scorza. La scorza di un grande calciatore, che già al cospetto dell’amato Kosovo, lo scorso settembre, aveva finalmente dimostrato di saper subordinare le emozioni alla causa elvetica.

Come spiegato a Nino, ad ogni modo, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, ma dal coraggio. E in questa campagna di qualificazione al Mondiale, la Svizzera di Granit Xhaka è una formazione coraggiosissima. Una selezione noncurante dell’avversario e delle presunte superstar che si trova di fronte. In Svezia, per dire, era cruciale non perdere. E, invece, i rossocrociati sono scesi in campo per vincere, con quella autorevole «Art und Weise» tanto cara al ct. Murat Yakin è tornato a costruire il successo sulla solidità difensiva, a immagine delle zero reti subite in tre incontri. Non solo. Anche nel quadro di una serata che non per forza ha esaltato le qualità di alcuni primattori - da Akanji a Ndoye, arrivando a Embolo - a emergere è stata la bontà e la determinazione delle intenzioni collettive. Una consapevolezza quasi spiazzante, e quindi bellissima, se raffrontata agli interrogativi che ci avevano accompagnato nella fase d’avvicinamento a un girone insidioso.

A proposito di dubbi sfatati (di nuovo), l’opera di convincimento - o meglio di affinamento - promossa da Yakin merita più di una sottolineatura. Perché come in occasione dell’ultimo, entusiasmante Europeo, la sua Svizzera appare immune da qualsivoglia turbamento. E conquistarsi il diritto di disputare un’altra Coppa del Mondo, magari già stasera, mentre non poche realtà di primo piano ancora balbettano, costituirebbe il giusto premio. Nonché la promessa avvincente di un gruppo di calciatori che, oramai e come Nino, non conosce più la paura.