In corner

Progressi e fumogeni rossocrociati

L'analisi «a freddo» dei vertici della Nazionale, dopo lo smacco a Qatar 2022, ha convinto solo in parte
Massimo Solari
03.02.2023 06:00

Chi segue la politica, poco importa a che livello, conosce bene il meccanismo. Arrivano le elezioni o in programma c’è un’importante tornata di votazioni. Si perde. E in modo inequivocabile. A margine del risultato, però, il presidente di partito sconfitto cerca di ridimensionare l’accaduto. Spostando a piacimento i riflettori. Ponendo l’accento laddove le critiche faranno meno male. «In fin dei conti ci battevamo da soli contro un fronte composto da più forze politiche e associazioni di categoria». «Noto che pure altre realtà hanno smarrito alcuni seggi». «Non bisogna dimenticare che 4 votanti su 5 hanno dato ragione alla nostra posizione». «Sulle sei chiamate alle urne di quest’anno, dopo tutto si tratta solo della seconda battuta d’arresto». Eccetera. Eccetera.

Nel delicato ruolo di direttore delle squadre nazionali, un po’ di politica Pierluigi Tami la deve fare. E, val la pena chiarirlo subito, lo spessore e la serietà della sua retrospettiva sui Mondiali meritano attenzione. Rispetto, anche. «Una discussione di fondo», così è stato presentato l’incontro di ieri alla Casa del calcio di Muri, dove le emozioni di Doha – disorientanti e cattive consigliere – avrebbero dovuto lasciare spazio alla razionalità. È stato così? Solo in parte. Che i vertici dell’ASF, insieme allo staff tecnico condotto da Murat Yakin, abbiano scavato a fondo per sviscerare pregi e difetti del torneo in Qatar non si discute. Non siamo però sicuri che quanto emerso possa essere considerato un bilancio esaustivo. Coerenza e obiettività, detto altrimenti, non hanno guidato totalmente la valutazione delle prestazioni rossocrociate. Su determinati aspetti si è andati per davvero fino in fondo. Ed è un bene. Su altri no. Ed è un peccato, appurato che il passato non si può cambiare e che ad attendere la Svizzera vi sono nuove, allettanti sfide.

Contro il Portogallo, negli ottavi di finale, non siamo stati all’altezza. Un messaggio, e ci mancherebbe, ribadito forte e chiaro. Più in generale, ha suggerito Tami, troppi elementi della rosa non hanno saputo reggere ritmo e aspettative lungo l’arco di quattro partite. Se a ciò vengono sommati l’esiguo tempo di riposo dopo la travolgente sfida con la Serbia e il virus influenzale che si è abbattuto sullo spogliatoio elvetico, ecco che il fallimento non poteva praticamente essere evitato. Una conseguenza logica, toh. Da accettare. Rispetto alla prima disamina «a caldo», ancora increduli e un po’ stizziti per il tracollo del Lusail Stadium, la dirigenza rossocrociata ha comunque reagito. Dimostrando – e questa è la notizia confortante e al contempo significativa delle ultime ore – che al concetto di «progresso» è possibile dare sostanza. Ritenuto che Xhaka e compagni sono mancati clamorosamente sul piano fisico, dal prossimo raduno la squadra potrà dunque contare su un preparatore fisico dedicato al 100% (e in Nazionale, e quale raccordo con i club), un nutrizionista ad hoc e pure un cuoco aggiunto. «Perché vogliamo lavorare in modo più scientifico». Ottimo.

Già, solo che per alcune fragilità della selezione maggiore - tornate a galla anche in Qatar - la scienza può fare ben poco. Il livello di motivazione, le qualità tecniche e la strategia tattica dipendono da due fattori. Da un lato i singoli e - in tal senso - i tanti asterischi ed «eh, però» affiancati ai percorsi di Marocco e Croazia non hanno contribuito alla franchezza della narrazione in casa ASF. Dall’altro il commissario tecnico, e al proposito tocca sottolineare come la figura di Yakin sia stata la grande assente dell’approfondimento condotto da Tami. «Sono certo che pure Murat abbia imparato alcune lezioni». Okay, e quindi? Cosa ha sbagliato il ct? Quando? E con chi? Non si trattava di trovare il colpevole dei colpevoli, quanto di riconoscere tutti i passi falsi. Ma tutti tutti. Lasciando in mano ai politici il fumogeno della sconfitta onorevole.

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