Il commento

Promessi e fatti di Giorgia Meloni

A due anni e mezzo dei cinque nei quali conta di restare in carica, quanto la premier italiana è riuscita a fare di ciò che promise nel suo discorso di insediamento?
Robi Ronza
Robi Ronza
24.05.2025 06:00

L’elezione di Giorgia Meloni a premier, il 25 ottobre 2022, ha segnato in Italia la fine di un assetto politico che durava dal 1945. Da allora infatti veniva riconosciuta piena dignità politica soltanto ai partiti del cosiddetto «arco costituzionale», esteso dai liberali fino a comunisti, ossia i partiti che, caduto il fascismo e uscito di scena il Regno sabaudo, avevano partecipato ai lavori dell’Assemblea Costituente della Repubblica italiana. Venuti meno con Tangentopoli (1989-91) gli originari partiti dell’arco costituzionale, questo privilegio era passato ai nuovi partiti che ne avevano preso il posto, da Forza Italia (erede del PSI e del grosso della DC) al Partito Democratico della Sinistra (erede per lo più del PCI) e ai partiti della sua diaspora.

Fuori di tale arco restavano i neo-fascisti, i monarchici e altre piccole forze di destra, cui veniva concesso di avere rappresentanti in Parlamento ma con le quali era escluso qualsiasi rapporto. Nel 2009 queste forze - fino ad allora raccolte in Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini - erano confluite nel Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi. Qualche anno dopo, nel 2012, un gruppo di loro esponenti guidato da Giorgia Meloni, ne era però uscito dando vita a un nuovo partito di destra democratica, Fratelli d’Italia.

Nel settembre 2022, una coalizione di centro-destra guidata da Fratelli d’Italia vinse con ampio margine le votazioni (44% dei voti). L’entità del successo consentì allora a Giorgia Meloni di proporsi come presidente del Consiglio dei Ministri, ossia come premier, scavalcando quella storica preclusione. Nel suo discorso di insediamento, il 25 ottobre 2022, tra l’altro Meloni affermò -- e a mio avviso c’è da crederle – che «libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso».

Dalla sua storia personale e dalla lettura dei suoi scritti, emerge a mio parere che Meloni può venire a grandi linee collocata nella scia del movimento nazionalista, che nell’Italia del 1910 diede origine a un partito politico poi negli anni ’20 travolto dal fascismo.

La rottura del tabù in forza del quale chi non poteva essere situato, direttamente o indirettamente, nell’arco costituzionale doveva stare ai margini della vita politica italiana è il primo grande risultato che Giorgia Meloni ha ottenuto con la sua nomina a capo del governo di Roma.

A parte questo, che pur non è poco, a due anni e mezzo dei cinque nei quali conta di restare in carica, quanto Giorgia Meloni è riuscita a fare di ciò che promise nel suo discorso di insediamento?

I maggiori risultati sono quelli ottenuti in politica estera. Meloni è riuscita ad ottenere una più positiva attenzione per gli interessi del Sud Europa sia nell’ambito dell’Unione Europea che in quello della NATO ed a ritagliare per l’Italia un ruolo più attivo in entrambe le alleanze.

In politica interna i risultati sono meno brillanti. Quella che Meloni ha definito «la madre di tutte le riforme» ossia l’elezione popolare diretta del capo del governo, il cosiddetto premierato, al momento segna il passo.

«Negli ultimi vent’anni», aveva poi denunciato Meloni nel suo discorso di insediamento, «l’Italia è cresciuta complessivamente del 4%, mentre Francia e Germania di più del 20%. Negli ultimi dieci anni l’Italia si è collocata negli ultimi posti in Europa per crescita economica e occupazionale (…)». Ebbene, da allora ad oggi il suo governo ha certamente ottenuto al riguardo alcuni buoni risultati, ma senza affatto riuscire a far fare all’Italia il balzo nella crescita che sarebbe necessario per raggiungere Francia e Germania.

E non c’è traccia del «piano imponente, economico ma anche culturale, per riscoprire la bellezza della genitorialità e rimettere la famiglia al centro della società» che Meloni aveva promesso per far uscire l’Italia dalla «glaciazione demografica» in cui si trova.