Il commento

Renzetti e un film made in USA

Che i film migliori siano quelli «made in USA» è un vecchio luogo comune, non per forza supportato dalla realtà dei fatti
Nicola Martinetti
04.08.2022 06:00

Che i film migliori siano quelli «made in USA» è un vecchio luogo comune, non per forza supportato dalla realtà dei fatti. Ma si appresta a rivelarsi corretto quantomeno per una persona: Angelo Renzetti. Sì, l’ex patron bianconero. La cui pellicola più ambita, tra una manciata d’ore, verrà prodotta da una regia a stelle e strisce. Per anni il «Pres» ha sognato di vivere da attore protagonista il ritorno di una competizione europea a Cornaredo. E in due occasioni, nel 2017 e nel 2019, sia lui sia il suo Lugano si erano dovuti accontentare di una gioia parziale. Di un compromesso, a metà tra l’orgoglio e la delusione. Inseriti sì nella fase a gironi della prestigiosa Europa League, guadagnata sul campo con degli storici exploit. Eppure al tempo stesso «esiliati» a Lucerna e San Gallo, a centinaia di chilometri dal Ticino. In arene moderne e confortevoli come una lussuosa camera d’albergo, che difficilmente si può però definire casa. E la recente qualificazione ai preliminari di Conference League, in questo senso, non ha fatto altro che aggiungere un pizzico di sale alla ferita. Sarà infatti la nuova proprietà statunitense guidata da Joe Mansueto a recitare la parte per anni bramata da Angelo Renzetti. A fregiarsi di aver riportato l’Europa tra le mura dello stadio cittadino, seppur in una competizione - sulla carta - di caratura inferiore. Con però, al tempo stesso, l’onere di saper cogliere appieno un’occasione importante.

Sì, perché di fronte agli accoppiamenti fin qui riservati ai bianconeri dalla benevola urna del terzo torneo continentale, il Lugano non può nascondersi. Hapoel Be’er Sheva e - eventualmente - la vincente della sfida tra Zorya Luhansk e Universitatea Craiova andranno affrontati con il giusto rispetto, ma altresì senza timori reverenziali. Consci che un passaggio del turno non è dovuto né scontato, ma nemmeno utopico. E che il raggiungimento della fase a gironi, alla luce delle varie teste di serie e realtà blasonate dribblate in occasione dei due sorteggi, è un traguardo conseguibile.

Per farcela servirà però un Lugano diverso da quello visto all’opera nelle prime uscite stagionali. Ancora in evidente e comprensibile fase di rodaggio, intento a metabolizzare i tanti cambiamenti avvenuti nel corso dell’estate. In questo senso, per certi versi, la squadra attuale ricorda un po’ quella che nel 2017 tornò a calcare il palcoscenico continentale dopo quindici anni di assenza. E quel gruppo, oggettivamente meno talentuoso e soprattutto più inesperto rispetto a quello attualmente in mano a Mattia Croci-Torti, apprese sulla propria pelle quanto l’Europa possa rivelarsi crudele con chi si fa cogliere impreparato. Spetterà dunque a Sabbatini e compagni, questa volta finalmente forti del calore e del sostegno del proprio pubblico, il compito di fornire un’interpretazione impeccabile. Di quelle che valgono una statuetta, per intenderci. In grado di soddisfare e far divertire l’intera platea. E, soprattutto, Angelo Renzetti. Impaziente di gustarsi un film atteso a lungo. Poco importa in fondo se nel semplice ruolo di spettatore, e non di attore protagonista.