Riciclaggio e piazza finanziaria

Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
07.04.2016 06:00

di FABIO PONTIGGIA - L'introduzione in Svizzera del reato di riciclaggio di denaro non dichiarato al fisco (i cosiddetti capitali in nero) merita alcune considerazioni per l'impatto sulla nostra piazza finanziaria e sul rapporto fra lo Stato e i contribuenti (si veda l'intervista di martedì all'ex procuratrice Natalia Ferrara Micocci).

Con il nuovo articolo 305bis del Codice penale, in vigore dal 1. gennaio, chi custodisce e gestisce patrimoni che sa o presume non essere stati dichiarati al fisco, e ne impedisce all'autorità l'accertamento, diventa un riciclatore di denaro nero. È quindi punibile penalmente. Questo giro di vite molto pesante non vale per tutti i casi di capitali non dichiarati, ma solo per quelli che comportano una sottrazione al fisco di almeno 300 mila franchi di imposte con falso documentale, cioè con la frode (delitto fiscale qualificato). Questi requisiti restrittivi (per chi punisce), perlomeno, valgono ora. Per il futuro si vedrà. Autore del reato diventa non solo il contribuente che evade il fisco, ma anche l'intermediario finanziario che ne amministra il patrimonio (banca, fiduciario). L'evasione fiscale viene così punita più severamente, perché la sanzione penale si abbatte su più soggetti, con una sorta di assedio all'evasore fiscale e ai suoi avamposti.

L'intermediario finanziario diventa così un poliziotto che deve per principio sospettare i grandi risparmiatori: sospettarli non solo di non aver dichiarato al fisco i capitali dati in gestione alla banca o al fiduciario, ma anche di averli sottratti all'accertamento facendo carte false, di essere insomma dei frodatori che, ingannando con astuzia i tassatori, non hanno pagato le imposte dovute su quei capitali e i loro redditi. Se dal cliente non riceverà risposte rassicuranti, l'intermediario lo segnalerà all'autorità competente, che è l'Ufficio federale di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro. Quest'ultimo, se del caso, passerà poi alla magistratura tutte le informazioni sul cliente sospettato. E se il cliente è residente all'estero, la documentazione, un tempo coperta dal segreto bancario e quindi blindata, finirà in mano all'autorità dello Stato estero che la dovesse richiedere (scambio di informazioni fiscalmente utili). Tra meno di due anni questo scambio di informazioni sarà automatico. Il cliente non necessariamente verrà avvisato di questa violazione della sua privacy. Esattamente come avviene con presunti delinquenti e criminali all'inizio di un'inchiesta (se non scatta subito l'arresto).

Per il nostro Paese è un rivolgimento. Il risparmiatore che porta in Svizzera il denaro frutto del suo lavoro per evitare che lo Stato in cui vive gliene sottragga una parte, ad esempio svalutando la moneta, davanti all'amministratore dei suoi soldi in terra elvetica viene equiparato in tutto e per tutto al trafficante internazionale di droga che porta i guadagni illeciti, conseguiti come mercante di morte, in una banca o da un gestore patrimoniale, per ripulirli e riciclarli. E l'intermediario, che non segnalerà il sospettato, sarà considerato una specie di complice penalmente condannabile.

Proviamo a immaginare l'operatore bancario e il fiduciario che vedono arrivare nei loro uffici un distinto e brizzolato dottor Cosimo Pallavicini: per evitare possibili guai giudiziari dovranno trattarlo con la stessa diffidenza (e magari la stessa repulsione) con cui tratterebbero un ipotetico El Chapo che dovesse spavaldamente presentarsi con due valigette piene di narcodollari. Questo cambiamento trasforma l'operatore finanziario da discreto confidente e consulente del cliente in un potenziale informatore dell'autorità, di cui il cliente deve diffidare tanto quanto l'operatore è indotto, dal nuovo articolo del Codice penale, a diffidare del cliente. Dalla fiducia reciproca si passa proprio alla diffidenza reciproca. È lo Stato a ordinare con il Codice penale: non dovete più fidarvi, ma diffidare l'uno dell'altro.

Se volessimo usare un paragone un po' irriverente e provocatorio, potremmo dire che fiduciario e cliente non saranno più come il gatto e la volpe, ma come il gatto e il topo. Non strizzeranno più l'occhio dopo una franca e rassicurante stretta di mano per aver concluso un solido accordo fondato sulla fiducia, ma si guarderanno in cagnesco fingendo un rispetto che in realtà non ci sarà più e si lasceranno nel timore che uno possa fregare e tradire, o aver fregato e tradito, l'altro, mettendolo penalmente nei guai. Il cliente uscirà dalla banca non più con la soddisfatta serenità di una volta, gustandosi un caffè in santa pace sul nostro lungolago, ma rientrerà in fretta al suo paese, sfumacchiando nervosamente, con il tarlo del dubbio che lo terrà in uno stato di permanente agitazione. E il gestore patrimoniale, al termine di una impegnativa giornata di lavoro, tornerà a casa per la cena e si siederà a tavola, accanto e di fronte a moglie e figli, con il patema che «chissà, non so se ho fatto bene ad accettare quel nuovo cliente e i suoi soldi, forse domani è meglio fare prudentemente una segnalazione all'antiriciclaggio, però poi se è tutto a posto perderò il cliente, ma, chissà, non so, meglio dormirci su una notte; sì, però, dormire? Una parola».

Un cambiamento di rapporti nella sostanza paragonabile a quello avvenuto tra la Svizzera, come sicuro, discreto e rispettato forziere nel cuore d'Europa, e gli altri Paesi, quali territori creatori di ricchezza e quindi di capitali in cerca di gestori e custodi affidabili e di forme di investimento redditizie, al riparo da sistemi tributari al limite della confisca e dal rischio delle svalutazioni monetarie decise su pressioni della politica o prodotte dalle inadempienze e incapacità della politica (conti pubblici in disordine, indebitamenti, strategie economiche inefficaci).

Con la frode fiscale considerata reato preliminare al riciclaggio di denaro, alla stessa stregua di crimini ben più gravi, «assomiglieremo di più agli Stati intorno a noi, che hanno avuto bisogno del diritto penale, cioè del metodo repressivo, per recuperare i capitali non dichiarati», come ha detto l'ex procuratrice Ferrara Micocci.

Ci sarà un'inversione dell'onere della prova: sarà il cliente a dover dimostrare in entrata che i suoi soldi sono in ordine, non lo Stato che sono sottratti al fisco. In mezzo ci sarà il dirigente o funzionario di banca o il fiduciario, con tutti i dubbi e le incertezze, e a rischio di procedimento penale. Si partirà dunque dal presupposto che i soldi siano in nero – e non più tutelati dal segreto – salvo garanzie fornite dal cliente, non da quello che siano di principio Weissgeld salvo dimostrazione del contrario da parte del fisco.

Le pressioni politiche hanno indotto un ribaltamento analogo sul piano globale, inculcando l'idea che i patrimoni circolanti da una piazza finanziaria all'altra siano per principio Schwarzgeld (e comunque immorali) e che solo una cultura finanziaria fondata sulla diffidenza, sul sospetto e sulla delazione forzata da parte degli operatori (pena una sanzione pesante) possa garantire che circoli unicamente Weissgeld (da tassare abbondantemente e, un giorno, anche più o meno uniformemente tra un Paese e l'altro, così da eliminare la residua concorrenza fra territori fondata sulla capacità di attrarre i patrimoni da gestire). C'è qualche inquietante similitudine tra questo scenario della finanza internazionale e quello in cui si avvitò il libero sistema ferroviario negli Stati Uniti di inizio Novecento nel magistrale affresco dipinto dalla scrittrice americana di origini russe Ayn Rand ne «La rivolta di Atlante».

C'erano altre soluzioni, più compatibili con il nostro modello di società retto da un ordinamento liberaldemocratico: politiche statali virtuose in fatto di spesa pubblica, politiche monetarie meno asservite ad obiettivi politici (con pericolosi incentivi all'indebitamento pubblico e privato), fiscalità più leggere, semplici e competitive (e più rispettose della proprietà privata, cioè dei soldi dei cittadini). Da tempo, tuttavia, in molti Stati i buoi erano fuggiti dalla stalla. La crisi della finanza internazionale nel 2008 ha fatto il resto e accelerato l'involuzione. Chissà se si è arrivati ad un limite invalicabile oppure non ancora.