Commento

Riportiamo gli anziani al centro del Paese

In Ticino le case anziani sorgono spesso in luoghi appartati, dove gli ospiti sono tenuti in disparte, eppure un po’ di trambusto farebbe bene a chi non ha più nessun ruolo nella società
Prisca Dindo
29.10.2022 06:00

«Piuttosto di finire in casa anziani o di pesare sui miei cari mi iscrivo a Exit!». È una frase che capita di sentire sempre più spesso, non solo da chi ha già raggiunto da un bel pezzo gli «anta» ma pure da color che hanno tutta la vita davanti. In questa società dove non si ha più tempo per nessuno, molti preferiscono «farsi suicidare» da terzi. Da un lato gli anni passano e la voglia di vivere decresce. Dall’altro l’aspettativa di venir «parcheggiati» in qualche struttura in attesa della dipartita non invita certo a dare un seguito alla vita terrena. Trasferirsi in una casa di riposo spesso significa sperimentare l’isolamento e l’abbandono, specie quando il cervello funziona ancora bene. Si tratta di sentimenti molto umani, che si constatano anche quando la struttura di accoglienza è da cinque stelle. Ognuno è libero di fare le proprie scelte, ci mancherebbe. Tuttavia molto cambierebbe se l’approccio fosse diverso, se si potesse trascorrere l’autunno della propria vita in un modo alternativo rispetto a come siamo abituati finora.  Ad esempio in Ticino (ma non solo) le case anziani sorgono spesso in luoghi appartati, dove gli ospiti sono tenuti in disparte dal caos della vita moderna. Eppure un po’ di trambusto farebbe bene a chi da tempo non ha più nessun ruolo nella società. Nei paesini italiani osserviamo spesso anziani «posteggiati» sulle loro sedie a rotelle nelle piazze gremite di gente. Li vediamo richiamare i bambini, sorridere ai turisti, borbottare con i parenti. È vita, quella che si percepisce nei loro occhi, non apatia.  Anche noi dovremmo rimettere i nostri vecchi al centro del Paese. Le strutture a loro dedicate non dovrebbero sorgere in luoghi lontani, bensì nelle piazze delle città.  Pensate: come cambierebbe il loro tran tran se guardando dalla finestra vedessero il brulichio di gente di Piazza Riforma o di piazza Collegiata invece di un salice piangente in tutte le sue fasi stagionali? La natura è meravigliosa ma a volte ci può far sentire ancor più soli.  Per chi ha raggiunto l’età dell’AVS ed è in forma c’è poi il co-housing, un modello abitativo che permette una forma di convivenza (anche intergenerazionale) che sta riscuotendo successo in diverse parti del mondo.

In Danimarca ci sono già centocinquanta comunità di cohousing intergenerazionale. In Svizzera esiste il Kraftwerk 2, uno stabile a venti minuti dal centro di Zurigo. Nel palazzo abitano famiglie con bambini, giovani coppie, single e anziani che condividono fette di quotidianità. Una classica situazione «win- win», come si direbbe oggi, dove l’anziano con molto tempo a disposizione potrebbe tener d’occhio l’adolescente la cui madre lavora tutto il pomeriggio e va a fare spesa per entrambe le famiglie mentre torna a casa. La speranza di vita si allunga sempre più e con i ritmi della nostra società è sempre più difficile trovare figli che possono prendersi cura dei genitori.  Secondo l’UST, l’ufficio federale di statistica, il Ticino è il cantone che presenta il tasso più alto di persone dai 65 anni in su (23,4%) e dagli 80 anni in su (7,5%). Stesso discorso per la quota di centenari ogni 100.000 abitanti (40,6). Affrettiamoci dunque noi, anziani di domani, a rimboccarci le maniche per il nostro futuro. Non è detto che con politiche diverse e più lungimiranti la parola EXIT torni a indicare soltanto l’uscita di sicurezza in caso d’incendio. Il tempo stringe.