Il commento

RSI, un altro anniversario

Nei prossimi giorni saranno festeggiati i novanta anni della RSI, che rappresenta una delle più importanti conquiste socioculturali del Paese
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
07.04.2023 06:00

Nei prossimi giorni saranno festeggiati i novanta anni della RSI, che rappresenta una delle più importanti conquiste socioculturali del Paese. Canevascini ne fu un promotore. Un’antenna che si alzò per andare con le onde medie oltre i confini, quando occorreva girare la rotella dei comandi andando su Radio Monte Ceneri. Fu di grande utilità informativa anche per l’Italia in guerra e sarebbe divenuta un canale di diffusione di concerti con un’orchestra che sarebbe stata diretta da preziose bacchette, da Toscanini fino a un giovane Riccardo Muti. Quello musicale è stato un pregevole segno distintivo per un’istituzione che con la Società Cameristica ebbe importanti riconoscimenti. Quando venne celebrato il settantesimo della radio affluirono centinaia di visitatori allo studio di Besso, che firmato dagli architetti Tami, Jäggli e Camenzind, era diventato un simbolo anche architettonico. Costruito alla fine degli anni Cinquanta, dal 1962 è divenuto uno dei simboli della cultura della Svizzera Italiana, che resterà sempre un simbolo divenendo una casa della Musica, che proprio la nostra Radio grazie alla sua storica Orchestra ha offerto come solida tradizione della Svizzera. Davanti alla nostra Orchestra hanno alzato le loro bacchette musicisti illustri, da Stravinsky a Celibidache, da Mascagni a Gavazzeni. Questo faceva sì che non fosse una piccola radio. Il suo direttore più storico, Stelio Molo, divenuto in seguito Direttore generale della Società Svizzera di Radiotelevisione, andava a rappresentarla per il mondo con i dischi della nostra Orchestra e della Società Cameristica di Lugano sotto il braccio. Ogni nuovo disco vinceva un concorso. A Stelio Molo, distaccatissimo da tutto, si deve anche l’entrata improvvisa di tanti giovani alla radio. La modernizzò. Dopo essere nata in una stanzetta della Posta di Lugano, negli anni trenta la Radio era situata alle spalle del palazzo del Liceo, dove Benedetto Croce, ridotto al silenzio in patria, nell’ottobre del 1936 poté parlare per l’unica trasmissione di cui fu «autore, dicitore e regista». Quando la registrazione scomparsa venne ritrovata e consegnata ufficialmente al Presidente della Confederazione Pascal Couchepin, fervente liberale, e al Presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi in visita a Lugano, questi ricordò quando dall’Italia ascoltava assiduamente Radio Monte Ceneri, seguita e amata anche dagli italiani. Era una radio elevata e popolare al contempo e di popolare trasmetteva anche commedie e rubriche in dialetto, popolarissime, firmate fra gli altri da Sergio Maspoli e dal «sciür maestro» Angelo Frigerio. Anche su altri versanti la nostra radio era seguitissima ogni giorno; in ogni orario si alzavano le voci della cultura non elitaria ma aperta, con scrittori e pensatori ospiti di programmi diurni e notturni. Nelle rievocazioni si fatica a non provare nostalgia e a tenere il distacco. Da Giorgio Orelli al vegliardo Bacchelli al riservato Italo Calvino, da Mario Luzi all’ermetico Montale, saltellando fra i programmi li trovavi a raccontare. Attori e registi di casa nostra allietavano domeniche e serate con il teatro, che conquistava anche senza le scene. Era la necessità a creare allora le virtù. Molti Premi Nobel sono entrati nelle nostre case e li abbiamo conosciuti nel loro aspetto umano ed esistenziale. Più che mai ora valgono le parole che scrissi al direttore per il settantesimo della radio, quando un tappeto rosso conduceva nel labirinto del palazzo: «Lascia quel tappeto rosso, direttore. Lascia quel tappeto lungo i corridoi della Radio, non solo per la festa di oggi. Lascia che idealmente sottolinei come la cronaca che si fa storia attraversi da settanta anni i corridoi non più misteriosi della Radio. Ci sono passati tanti protagonisti della cultura e della politica; sono stati proiettati coi loro racconti nel cielo della curiosità di un Paese che con la Radio vive portandola come un arto naturale o come una naturale antenna che ogni giorno più d’ogni altra cosa o persona è compagna fedele che offre e racconta cronaca cultura e storia a una comunità che ne ha fatto il suo focolare. Dai politici ai Premi Nobel abbiamo sentito tante voci, abbiamo conosciuto la realtà oltre le pagine pressate col piombo e oggi sfiorate dalle rotative. Prima delle televisioni ha accompagnato le lunghe sera della gente e molti continuano a preferirla. Forse aveva ragione chi disse che “la radio è la televisione perfezionata poiché è riuscita a fare a meno delle immagini”».