Formula uno

Safety Car e pettegolezzi

Complicazioni e stupore nel Gran Premio di Monza, ma tutto secondo le norme vigenti in F1 volute dai costruttori
Pino Allievi
Pino Allievi
13.09.2022 06:00

La Safety Car, inventata dagli americani per neutralizzare le gare quando in pista accade un incidente o compare un ostacolo imprevisto, è qualcosa che va contro lo sport perché raggruppa le vetture in modo innaturale, annullando il vantaggio di chi è più bravo. Ma al tempo stesso è quell’elemento che all’improvviso riaccende le corse, crea più partenze nell’ambito dello stesso evento, movimenta i gran premi più noiosi. E, non dimentichiamolo, protegge commissari e uomini di servizio che ripristinano la sicurezza in pista. Guai però a scivolare nel pettegolezzo di chi pensa che la Safety Car possa manipolare un risultato, come coloro che alla luce di quanto è accaduto a Monza, hanno stabilito che la sconfitta della Ferrari sia stata determinata dalla mancata evacuazione, negli ultimi giri, della vettura di sicurezza. La Safety Car, è vero, è entrata in pista con un preoccupante ritardo. E lo sgombero, con trattore, della McLaren di Ricciardo è stato eseguito in tempi biblici, per cui le macchine sono transitate al rallentatore davanti alla bandiera a scacchi. C’era un comodo GPS in direzione gara: perché la Safety Car è stata fatta entrare davanti a Russell, con una conseguente perdita di tempo e non – come doveva – davanti al leader Verstappen? Complicazioni e stupore, ma tutto secondo le norme vigenti in F1 volute dai costruttori. Certo, se le operazioni fossero state più veloci, ci sarebbe stato il tempo per una ripartenza e uno show al fulmicotone su due giri. Ma in fin dei conti l’ordine d’arrivo è quello che aveva inesorabilmente detto la pista. La Ferrari con la ripartenza avrebbe potuto provarci, tuttavia la gara vera l’aveva persa prima, perché all’ingresso della Safety Car, con soli 7 giri da concludere, Leclerc era staccato di ben 16’’6 da Verstappen, il quale andava a spasso. La Ferrari, pur essendosi comportata molto bene, sino a quel momento non era stata a livello della Red Bull e avrebbe quindi rimediato la sconfitta. La Safety Car le dava in qualche modo un jolly da spendere, con Leclerc che, spinto dal tifo di 120 mila spettatori, si sarebbe inventato qualcosa. <<Però – ha commentato Verstappen – avrei vinto ugualmente io…>>.

Troppo superiore la Red Bull in questo momento. Verstappen, che aveva cambiato alcuni elementi del motore, scattava in griglia dal settimo posto, ma ha impiegato 5 giri per issarsi alle spalle di Leclerc. Quando il monegasco si è fermato dopo 11 passaggi a cambiare le gomme, ha capito che avrebbe avuto via libera in quanto lui, con le stesse Pirelli Soft, senza cedimenti, ha completato 30 tornate, costringendo di conseguenza Leclerc ad una seconda sosta. La Red Bull ha dominato ma la Ferrari è finalmente tornata ad andare forte. Non lo dice solamente la pole position del sabato a oltre 260 orari di media (!), lo dice il ritmo di gara che è stato elevato e molto promettente in chiave futura. E se nelle ultime gare la Mercedes si era frapposta tra la Red Bull e la Ferrari, stavolta le monoposto anglo-tedesche sono state relegate largamente alle spalle delle <<rosse>>, a conferma che le W12 sono ancora in alto mare per quanto riguarda aerodinamica e assetti. A livello di pilotaggio, Verstappen ha mostrato la tranquillità di chi sa di avere un mezzo che è velocissimo e consuma poco le gomme. Leclerc ha avuto il suo sabato di gloria con la <<pole>>, ma gli è mancata la vittoria. Poi c’è Russell che scattava in prima fila: pilota solido, maturo, intelligente, ma con una Mercedes plafonata, a Monza. Quindi c’è Sainz, quarto pur partendo dalla 18. posizione in griglia (motore sostituito) il quale nella seconda parte di gara ha viaggiato su un ritmo talvolta migliore di quello di Leclerc, tanto da far pensare che se fosse scattato nelle prime due file magari sarebbe stato lui il <<cacciatore>> di Verstappen. Adesso, dopo tre gare assurdamente consecutive, la F1 si concede due domeniche di vacanza prima di Singapore. Un po’ di riposo non fa mai male...