Livelli a e b

Scuola media e compromessi, un tentativo va fatto

L’editoriale di Paolo Gianinazzi
Paolo Gianinazzi
01.02.2022 06:00

Il tema divide. Anzi, spacca in due. A dimostrarlo sono i numeri. O meglio, le votazioni: prima quella sulla “Scuola che verrà”, bocciata dal popolo nel 2018 con il 56,7% dei voti, poi quella in Gran Consiglio sulla sperimentazione in terza media, affossata di nuovo seppur con un margine ristretto. Insomma, sul tema dei livelli, metà sta da una parte e metà sta dall’altra. Ma questa è la democrazia: “perdere” con il 50% virgola qualcosa dei voti oppure con il 99% non fa differenza. Tuttavia, nella “lettura” delle percentuali, il messaggio politico che ne scaturisce può essere molto diverso. Sulla questione dei livelli, però, c’è un’unica certezza: una netta maggioranza a favore della loro abolizione tout court non esiste. E questo per il semplice motivo che prima o poi (che sia in terza media, l’anno prima o quello dopo) una selezione va fatta. Non è possibile promuovere tutti al medio-superiore. Eppure, allo stesso tempo quasi tutti sono d’accordo che il sistema attuale vada superato. Mette troppa pressione sociale sulle famiglie, sui docenti e soprattutto sui ragazzi: che frequentino i livelli A o B poco importa, non vivono bene questa etichettatura. Quindi in qualche modo il sistema va cambiato. Ma è sul “come” superare il sistema che di nuovo si torna all’impasse. E allora, come se ne esce?

I tempi di un’iniziativa popolare li conosciamo: il rischio è rimandare tutto di parecchi anni

In queste ore avanza l’ipotesi di lanciare un’iniziativa popolare. Un’ipotesi che porta con sé almeno un aspetto positivo e uno negativo. Da una parte – e questo è l’aspetto interessante – permetterebbe di coinvolgere tutti su un tema così importante. Nessuno verrebbe escluso dalla discussione e il risultato porterebbe con sé pure tutta la legittimità di un voto popolare (incluso il rischio di tornare ai piedi della scala come accaduto con la “Scuola che verrà”). Dall’altra – e questo è l’aspetto negativo – i tempi di un’iniziativa popolare li conosciamo: il rischio è rimandare tutto di parecchi anni.

Vi sono poi altri fattori da considerare. Un’iniziativa popolare elaborata (come quella proposta dalla VPOD) per sua natura non lascia spazio all’interpretazione, al compromesso. O si è d’accordo sull’impostazione scelta, oppure non si è d’accordo. Il lancio dell’iniziativa (che visto il tema non faticherebbe a raccogliere ben più delle 7 mila firme necessarie) potrebbe però allo stesso tempo mettere un po’ di sana pressione sul Gran Consiglio, portandolo a presentare un controprogetto. Certo, a questo punto sarebbe meglio non essere troppo ingenui: visto il livello del dibattito politico, risulta difficile immaginare che il Parlamento - in un sussulto d’orgoglio - decida a questo punto di mettersi al lavoro, tessendo alleanze e cercando un compromesso accettabile per una maggioranza. È più facile, al contrario, che alcuni preferiscano lasciar cadere il progetto nel dimenticatoio, preferendo lo statu quo, oppure che alcuni sperino nell’ennesima bocciatura alle urne. Bocciatura che, visti i contenuti dell’iniziativa targata VPOD, non è nemmeno tanto improbabile. In primis perché, come detto, non esiste una netta maggioranza a favore dell’abolizione tout court dei livelli. In secondo luogo, perché la bozza presentata dal sindacato presenta alcuni punti interrogativi. Uno su tutti: lasciare che siano le scuole del post-obbligo a decidere i requisiti di ingresso. Il rischio di creare caos è concreto. Non va poi dimenticato il contesto: siamo ormai già entrati nella campagna elettorale che ci porterà alle elezioni cantonali del 2023. In questo periodo, tutto diventa strumentale alla ricerca dei voti (compreso il lancio di un’iniziativa popolare). Non è quindi il periodo migliore per i “compromessi storici”.

Un ventaglio più ampio di possibili vie da percorrere gioverebbe in ogni caso e senza alcun dubbio alla discussione

Ad ogni modo, però, prima o poi in Parlamento un tentativo alla ricerca di un compromesso andrebbe comunque fatto. E questo sia che si tratti di un controprogetto a un’iniziativa, sia che si tratti di una nuova proposta a sé stante. La scuola media ha bisogno di fare passi avanti, non di stare ferma, e i margini di manovra per fare meglio ci sono. Senza dimenticare che quasi tutte le forze politiche si sono dette disponibili a discutere di compromessi. In questo senso, va infine ricordato che presentare un controprogetto avrebbe senz’altro il pregio (non di poco conto) di permettere ai cittadini di esprimersi su due varianti per il superamento dei livelli. E anche una nuova proposta sul fronte parlamentare non farebbe certo male. Insomma, un ventaglio più ampio di possibili vie da percorrere gioverebbe in ogni caso e senza alcun dubbio alla discussione. Ma per raggiungere un compromesso occorre la volontà, e il coraggio, di fare prima un passo indietro per poi farne uno in avanti.