Se la Ferrari è solo Leclerc

C’è già un «caso Hamilton» alla Ferrari. Dopo quattro gare, con una vittoria nella «Sprint» di Shanghai, il sette volte campione del mondo sembra perso nel vortice di una crisi inspiegabile, con tante giustificazioni nessuna delle quali è davvero convincente. In Bahrein, domenica, ha rimediato un inutile quinto posto, a 27’’9 dal vincitore; domenica l’altra, in Cina, si era piazzato settimo a 29’’1 prima di essere squalificato per irregolarità tecniche. Piazzamenti e distacchi non da lui. La sola volta in cui è invece riuscito a scattare davanti, a Shanghai, appunto, nel mini-GP, c’è rimasto con autorevolezza sino alla fine. Le sue qualità non sono da mettere in discussione. Il fatto che ora dichiari di non aspettarsi che sarebbe andata così male, globalmente, è l’indice - onesto - di un imbarazzo dal quale non sa come uscire. Sabato, dopo le qualifiche nelle quali si era piazzato nono, aveva addirittura chiesto scusa ai tifosi per il piazzamento modesto. Le sue deduzioni? «Fatico ad adattarmi a questa macchina che richiede stile di guida e impostazioni diverse da quella che guidavo prima (la Mercedes, ndr). Mi sto adattando. Lentamente».
Proprio questa è la stranezza: Hamilton ha disputato sinora la bellezza di 360 gran premi, ha conquistato sette titoli mondiali e 106 vittorie, possibile che con tutti i chilometri macinati con la Ferrari abbia ancora dei problemi, quando ci sono giovani debuttanti come Antonelli, Hadjar, Bearman che hanno subito dato il massimo senza troppi fronzoli? Forse il vero problema di Hamilton è un altro. Si chiama Charles Leclerc. Col quale ha accettato coraggiosamente e sportivamente di confrontarsi, convinto che avrebbe avuto la meglio, con la squadra tutta dalla sua parte. Evidentemente non aveva capito bene il soggetto: Leclerc è il pilota più forte che ci sia oggi in F1 insieme con Verstappen. In Ferrari ha vinto poco e ha avuto qualche incidente che ha fatto storcere il naso al team e ai tifosi. Ma Charles è uno che ci prova sempre, che spinge costantemente al limite ed è pronto a rischiare l’inverosimile: lo ha dimostrato proprio in Bahrein, con un quarto posto che vale una vittoria quanto a rendimento e impegno. Se vuole stargli davanti, Hamilton deve porsi sugli stessi livelli di rischio. Non lo fa perché sa che in questo momento la Ferrari non è vincente, atteggiamento che accomuna tutti i campioni. Nel momento in cui la Ferrari gli darà una macchina da primo posto vedremo il vero Hamilton. Forse. Prima no, prima continuerà la sofferenza, anche se nei test di febbraio proprio in Bahrein, Hamilton aveva dichiarato di trovarsi benissimo con la SF25, perfetta per il suo stile.
Maranello farà di tutto per aiutare il campione e l’investimento che è stato fatto. Nel frattempo la Ferrari è solo Leclerc, eroe innamorato e mal ricambiato da una SF25 che a Sakhir ha mostrato qualche progresso, ma non sufficiente per stare al vertice: «Se impegnandomi come un matto, con la squadra che ha fatto l’impossibile, arrivo quarto, ho delle ragioni per dichiararmi deluso», ha detto il povero Charles, bastonato però non depresso come il compagno. In Bahrein c’è stato di nuovo il dominio della McLaren motorizzata Mercedes, con Oscar Piastri, non con Norris che in teoria doveva essere il pilota designato a puntare al mondiale. Piastri ha conquistato la pole position e ha condotto sempre la gara, Norris è scivolato nei meandri di una psiche che non lo aiuta: è scattato da una posizione troppo avanzata al via e si è preso una penalizzazione, poi è uscito di pista nel tentativo di superare Hamilton e ha dovuto ridare la posizione. Non bastasse, ha fatto tre volte cilecca nella speranza di superare Leclerc. Scavalcata poi la Ferrari, ha rincorso arrivando terzo, piazzamento che gli permette di restare leader del campionato. Ma la sua leadership nel team traballa. Anche lui in discussione, come Hamilton: domenica in Arabia Saudita c’è il GP di riparazione per entrambi.