Se l'abbraccio tra due sconosciuti fa più rumore del massacro a Gaza

Prendete i Coldplay, una delle band più famose al mondo. Una Kiss Cam che inquadra due perfetti sconosciuti in un abbraccio galeotto. Date il tutto in pasto ai social, ed ecco che un presunto tradimento a favore di videocamera in poco tempo diventa virale. Peggio, si trasforma nel tema del giorno, qualcosa di cui sparlare all’infinito, scherzare, sprecare fiumi di inchiostro digitale. Oggi il web non commenta altro, tra meme più o meno divertenti, notiziole insulse e video creati con l’IA. C’è tantissima verità nella frase pubblicata dalla pagina satirica Kotiomkin: «Vista l’attenzione suscitata, bisogna sperare che i Coldplay puntino la Kiss Cam sulla Striscia di Gaza».
Nonostante un tema molto interessante, quello della violazione della privacy, sia presente nella vicenda della coppia immortalata al concerto, ristabiliamo le priorità, per favore. C’è un abbraccio che merita molta più attenzione e nessuno ne parla. Quello tra un piccolo palestinese, Yazan Abu Foul, e la madre Naima. La donna lo tiene stretto a sé come fosse ben più fragile di un normale bimbo di due anni. Una creaturina di vetro sotto le bombe. Yazan soffre di una gravissima malnutrizione, come centinaia di migliaia di suoi coetanei nella Striscia di Gaza. A causa della mancanza di cibo e acqua per il blocco imposto agli aiuti umanitari e la chiusura dei valichi di frontiera, nell’enclave mediorientale non si muore solo sotto i missili dell’esercito israeliano, ma pure di stenti. Quello che subiscono i bambini a Gaza è insostenibile agli occhi e al cuore. E, vestendo i panni del genitore, è inaccettabile non poter far sentire al sicuro il proprio figlio. Va contro la natura stessa dell’essere padre o madre: proteggere i più piccoli. È disumanizzante.

Ma quella di Yazan e Naima è solo una delle tante immagini che da quasi due anni arrivano da Gaza nelle redazioni giornalistiche. Le foto che inviano dall’Ucraina sono brutali, ma non è la stessa cosa. Dal Medio Oriente giunge un flusso continuo di bimbi morti avvolti in teli bianchi. Come larve dentro bozzoli di seta, che mai diventeranno farfalle.

Mentre i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri fratellini o le nostre sorelline saranno liberi di volare con ali colorate, tante altre piccole farfalle vengono ridotte in cenere. La loro unica colpa è quella di essere nate nella parte sbagliata di questo mondo omertoso. È un dovere che i media e i social parlino degli orrori che si consumano in quel fazzoletto di terra, perché i bimbi di Gaza sono i nostri figli, solamente nati altrove. La Storia giudicherà chi non ha fatto nulla per fermare questa maledetta guerra. Giudicherà noi, impegnati coi meme sui social, non due perfetti sconosciuti che si abbracciano ad un concerto.

Il silenzio dei governi internazionali è assordante, e c'è pure complicità: gli Stati Uniti continuano a fornire armi a Tel Aviv. Strappa sorrisi amari, dolorosi, il fatto che il presidente USA Donald Trump ambisca al Nobel per la Pace, mentre arma la mano di Israele e impone sanzioni alla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, accusata, tra le altre cose, di antisemitismo.

Ma chi critica le azioni del governo israeliano, non è antisemita e non odia lo Stato ebraico. Bisogna ben distinguere tra un popolo e il suo governo. Chi si scaglia contro Netanyahu e soci, chiede semplicemente la cosa più normale del mondo: la fine di un bagno di sangue che vede coinvolti troppi bambini. Dopo i terribili attacchi di Hamas del 7 ottobre del 2023, Israele aveva tutto il diritto di difendersi e reagire, nessuno lo nega. La furia dello Stato ebraico è esplosa proprio perché negli attentati sono stati presi di mira pure i bambini, trucidati o rapiti. Ma quella che doveva essere una dura vendetta contro barbari terroristi è diventata altro.

Qualcosa che va oltre l’atto di uccidere degli assassini. Gli anglosassoni hanno un termine che calza a pennello: «overkill», un eccesso, un accanimento, in questo caso, un massacro di civili. Sotto una costante pioggia di bombe, ci sono migliaia di madri che cercano di proteggere i propri figli ormai ridotti a scheletri. Sono questi gli abbracci che devono fare rumore.