Lutto

«Se ne è andato un galantuomo»

Figura di spicco della politica cantonale, Tullio Righinetti si è spento dopo lunga malattia – Il ricordo di Edo Bobbià, per un ventennio suo collega in Parlamento
Edo Bobbià
Edo Bobbià
28.03.2025 06:00

L’amico, il caro Tullio, ha chiuso la sua laboriosa e attiva esistenza. Per la sua famiglia, per me, per tanti amici, un doloroso distacco. Assieme a lui ho trascorso alcuni dei momenti più belli della mia vita. Ma si sa, con la morte non si tratta; la si può solo accettare come parte della vita, vita che si conclude. In 40 anni, di cui 20 passati insieme in Gran Consiglio, si è via via instaurato un rapporto di amicizia molto speciale fatto di affetto e di rispetto. La sua felicità consisteva nella libertà. Tullio era amico della vita e per questo la vita gli ha dato molto. Noi due ci si intendeva a meraviglia, sia in ambito politico partitico sia nella vita di tutti i giorni. In politica, seduti sempre vicini l’uno all’altro sui banchi del Parlamento, bastava un tocco di ginocchio o di piede per intervenire vivacemente nel dibattito. Aveva l’arte di ottenere spesso ragione. Mi è stato maestro e guida. Una persona schietta e decisa alla quale si dava molto credito e simpatia. Tra le altre cose mi ha insegnato a credere fino in fondo a quello che si fa, anche con il rischio di qualche critica o momentanea impopolarità. «Se in politica, e non solo, hai solo consensi, è meglio che cambi mestiere». Tullio, ul Tüli, ul Righinett, era molto popolare e non solo nell’ambito del Partito Liberale, al quale ha dato molto in qualità, stimoli e consensi elettorali. Questo suo spontaneo approccio non privo di forza l’ha portato ad essere uno dei più autorevoli uomini politici del Cantone.

Dialettica forbita, agilità mentale, ottime capacità di penna. Era chiaro a tutti come la pensasse. Tra la fede e la ragione, Tullio ha scelto la ragione, senza esitazione. In Gran Consiglio quando lui interveniva, il fastidioso chiacchiericcio di sottofondo progressivamente si smorzava. La sua opinione la si ascoltava sempre in quanto mai banale e poco contava se più o meno condivisa. A livello personale ci si vedeva e sentiva spesso. Anche per questo mi mancherà moltissimo. Si commentava, si lodava, si criticava, alle volte utilizzando e facendo buon uso delle «forbici d’oro». Ma era bello così! Il buonumore era la regola. Era un ottimo cuoco e raffinato intenditore della buona tavola e produttore di un ottimo Merlot. Ho apprezzato e frequentato sovente il suo accogliente grotto di Caslano, con il lago a due passi e Ponte Tresa, a cui voleva tanto bene, proprio in faccia. Quanta bella gente ho conosciuto grazie a lui! Un padrone di casa eccellente, arguto e pungente ma sempre nei limiti del bon ton. Per Tullio, tutto quello che riguardava la sua Lugano era da condividere e sostenere, dalla città al calcio cittadino, al suo amatissimo Hockey Club Lugano, per il quale aveva un attaccamento viscerale. Fu dirigente del prestigioso HCL con Geo Mantegazza, di cui nutriva enorme stima. Mi invitava spesso alle assemblee dei cacciatori e dei pescatori, altre sue grandi passioni, con le quali avevo poche affinità ma dove ero sempre accolto in modo caloroso. Si riteneva un uomo fortunato, non sottacendo mai il ruolo della sua bella famiglia, alla quale era legatissimo. Famiglia che lo ha seguito in modo encomiabile e con tanto affetto fino alla fine. Dedico un pensiero riconoscente alla moglie Miette, ricorrendo ad uno scrittore italiano che definì la sua compagna di vita «una donna vestita di sole». Per Tullio era così: «L’amicizia è una grande avventura in cui si conosce cosa significhi volere il bene dell’altro. È esercizio di accordo e di armonia, a volte una vera scuola in cui si impara anche a diventare più autentici» (cit. padre Enzo Bianchi). Tullio è stato per me tutto questo. Un galantuomo se ne va, un galantuomo resta e resterà sempre con noi.