Il commento

SSR: uno scontro rétro

Il dibattito tra chi vuol tassare gli svizzeri con 300 franchi annuali per finanziare la SSR e chi vorrebbe ridurre l’importo a 200 franchi è tanto rétro quanto l’idea di condurre una guerra con le truppe a cavallo al tempo di missili e droni
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
21.11.2025 06:00

Il dibattito tra chi vuol tassare gli svizzeri con 300 franchi annuali per finanziare la SSR e chi vorrebbe ridurre l’importo a 200 franchi è tanto rétro quanto l’idea di condurre una guerra con le truppe a cavallo al tempo di missili e droni. Sostenendo questa tesi non mi farò degli amici ma alla RSI ne ho comunque avuto sempre pochi. Non sono uno specialista in tema di mass-media, anche se nel passato ho avuto qualche esperienza editoriale. Per contro ho avuto molto a che fare con i mercati, in diversi campi quanto in diversi continenti. L’esperienza mi ha portato ad una conclusione: ignorare il mercato è il modo più sicuro per avere insuccesso. Pertanto un’analisi, il più possibile libera da pregiudizi, relativa al futuro (ne vogliamo parlare?) della SSR parte dalla valutazione dei dati di un mercato, sempre più mondiale, nel quale si trova a competere una televisione generalista pubblica.

Già nel 2017 le televisioni commerciali europee (tipo Sky, Vivendi, ecc.) realizzavano quasi il doppio della cifra d’affari di quelle pubbliche, mentre quella dei grandi gruppi mondiali (Apple, Amazon, Microsoft, ecc.) era di oltre 18 volte. Nel 2019 gli stessi giganti con 960 miliardi di euro realizzavano 27 volte la cifra d’affari di 36 miliardi di euro del servizio pubblico europeo. In Italia la TV ha perso in un anno il 7% del pubblico pari a 1.650.000 fruitori. Interessante notare che solo 20.000 di questi sono passati dalla TV a Netflix o Amazon Prime. È un fatto che i giovani non guardano più la televisione, gli spettatori sono oggigiorno situati nella fascia degli ultra 70enni. Potremmo pensare che i veri concorrenti di oggi siano i vari Tik-Tok, Instagram, Facebook, YouTube, Spotify, o ancor di più i giganti tecnologici che stanno rendendo obsoleta la tv. Ma il vero diretto concorrente è oggi l’iPhone di Apple o il Samsung Sudcoreano con i quali è difficile competere perché si possono utilizzare quando si vuole, per vedere solo quello che interessa, con un’offerta vastissima, variata, elastica ed oltretutto gratuita. Possiamo chiacchierare con le varie chat (ChatGPT, Gemini, Claude, Microsoft Copilot, LLaMA e Grok), porre loro domande, farci scrivere interventi. I vari Tik-Tok, Instagram, Facebook, Twitter, Linkedin si sono abilmente adattati alla situazione e sulla base delle richieste del singolo utente individuano quali sono i temi che lo interessano, dallo sport alla filosofia, e grazie agli algoritmi gli offrono programmi simili per agganciare ulteriormente la sua attenzione. Più utenti hanno più interessanti diventano per la loro fonte di reddito: la pubblicità. Da lì poi si sale a Google, Facebook, Amazon che oggi controllano oltre due terzi della pubblicità mondiale digitale, Cina esclusa. La televisione generalista trasmette con i suoi orari e ritmi fissi, ci offre il notiziario alle 20:00 con notizie che l’iPhone già conosce e ci obbliga, se siamo in anticipo, a sorbirci stucchevoli pubblicità. Lo si può registrare, ma allora tanto vale usare i vari iPhone o Android, flessibili, utilizzabili a comando, occupano pochissimo spazio, ci accompagnano, ci permettono di interloquire, capaci addirittura di intrattenere. I meno giovani ricorderanno che Kodak voleva dire foto e fotografare; è scomparsa non potendo opporsi alle foto digitali. Queste sommarie e generiche indicazioni dovrebbero metterci in allarme e farci capire che il problema non è nella comoda soluzione di imporci una tassa più o meno elevata, ma nel capire la struttura ideale e adeguata per un mercato oggi mondiale. Ciò alfine di individuare una possibile offerta che si giustifichi e quindi abbia successo. Il Consiglio d’Amministrazione della SSR queste cose le sa molto più di me, altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi. Parimenti l’Ufficio federale delle comunicazioni.

Preoccupa che nel dibattito in corso i responsabili della SSR si impegnino a giustificare le necessità finanziarie di una concezione del Servizio Pubblico già superata ma che della realtà futura non facciano veramente parola. Possono replicare che non tutto è mercato e che giustificata, anzi doverosa, è una presenza televisiva svizzera sul piano della cultura, sia per valorizzarla, sia per utilizzarla quale metro nell’ampio confronto con quelle altrui. Cultura a livello antropologico della quale fanno parte anche usanze locali da custodire e che concorrono a costituire l’identità nazionale. Sarei d’accordo con loro. Parimenti le maggiori notizie internazionali vanno confrontate e analizzate con il nostro giudizio che deve però essere pluralistico e non di Stato. Alla lettura di notiziari si sostituirà il dibattito tra commentatori di vario orientamento rappresentanti la società civile. Personaggi, in virtù dei loro podcast, di successo non legati o tributari degli schermi televisivi per comunicare. Ampio campo di studi e discussioni per una SSR futuribile ed attuale, è qui che ci aspettiamo le proposte. Ovviamente l’impostazione attuale di una tassa che tutti dobbiamo pagare potrebbe indurre alla pigrizia, permette di continuare ignorando l’evoluzione grazie ad una tassa che assicura, più o meno largamente, la continuità. Sarebbe la peggiore delle politiche.