Il divano orientale

Superiorità senza senso

L'eterno conflitto tra Oriente e Occidente, dall'ostilità tra Greci e Persiani, non ha mai cessato di riprodursi
Marco Alloni
Marco Alloni
15.03.2023 06:00

Nel secondo volume del romanzo Guerra e pace si può leggere: «Napoleone, in quell’anno 1812, non era mai stato soggetto come allora alle leggi ineluttabili che lo costringevano a compiere per la causa comune, per la storia, ciò che necessariamente doveva accadere. Gli uomini dell’occidente mossero verso l’oriente per uccidere e per farsi uccidere». E poco sotto Tolstoj aggiunge: «Non c’è una causa. Tutto questo è solamente la coincidenza di determinate condizioni, nelle quali si compie ogni avvenimento vitale, organico, elementare».

Sono considerazioni preziose perché ci esortano a credere che nella guerra vi è almeno tanta assurdità quanta ineluttabilità. Ma anche perché ci riportano a quell’eterno conflitto tra Oriente e Occidente che, dall’ostilità tra Greci e Persiani in poi, non ha mai cessato di riprodursi.

Viene allora da chiedersi: la guerra ha sempre in sé una causa che nessuna logica riesce a rendere comprensibile? È sempre guerra tra un Oriente e un Occidente che si pretendono separati? O è solo il limite fatale di chi non sa vivere altrimenti che dentro i propri confini?

Il problema è esteso e oggi ce ne rendiamo conto drammaticamente, perché una Terza guerra mondiale rischia concretamente di abbattersi sul pianeta. E nondimeno può forse rientrare in una sola formula: Oriente e Occidente, qualunque opposizione essi incarnino, reclamano sempre una loro presunta superiorità. E per difenderla muovono guerra a quella che si pretende la superiorità altrui.

In questa folle e cruenta forma di competitività è tuttavia sempre il sangue a scorrere, molto meno l’inchiostro e quasi mai l’amore. Sarebbe altrimenti così ridicolo muovere guerra in nome della superiorità: dovremmo decidere se è superiore Balzac o Puskin, il sirtaki o la balalaika, la poesia di Pound o i versi della Kristeva. Saremmo nell’infantilismo della cultura e nella più raccapricciante idiozia.

Eppure laddove cultura e amore decidono che «superiorità» è un termine privo di senso, la guerra non cessa per questo di imperversare. Come se appunto non avesse altro istinto che ribadire l’ostinato, inossidabile e assurdo: «Io sono meglio di te».

Sotto le ingiunzioni dell’odio, anche Oriente e Occidente diventano così ridicole caricature. Si pretende Dostoevskij un alleato di Putin, si riducono gli Stati Uniti alla cultura degli hamburger, si proclama che il clash of civilization è nei cromosomi della Storia e si dimentica ogni possibile ecumenismo. Quando basterebbe che a una tavola rotonda sedessero gli intellettuali di spirito di tutto il mondo e dichiarassero: «L’eresia non è credere ai fantasmi o alle streghe, l’eresia è credere alla superiorità». Forse, insieme a Turgenev, Rumi, Lao Tze, Neruda, Zola, Rushdie e molti altri, tornerebbero ad abbracciarsi anche Putin e Biden.