Svizzera, un biglietto da staccare in retrovia

E quindi? Siamo o non siamo i principali candidati alla qualificazione diretta ai Mondiali 2026 nel quadro del gruppo B? Per quanto secondario rispetto al peso delle imminenti prestazioni, il primo cortocircuito della campagna rossocrociata si è prodotto senza ancora scendere in campo. «Siamo i favoriti e accettiamo questo ruolo, perché ce lo meritiamo» ha sottolineato il commissario tecnico Murat Yakin in sede di convocazioni. La correzione, indiretta, di Pierluigi Tami è giunta a inizio settimana. «Vedo un girone molto forte, senza favoriti» le parole del direttore delle squadre nazionali, riferite in particolar modo alla Svezia, che rosa alla mano in effetti va temuta. Contro Gyökeres e compagni, comunque, la Svizzera giocherà fra più di un mese. Senza contratti da firmare sul fil di sirena, mal di pancia e con più partite nelle gambe.
Insomma, delle sole sei che decideranno il destino elvetico verso la prossima Coppa del Mondo, le due sfide più insidiose rischiano di essere proprio quelle del St. Jakob-Park, al cospetto di Kosovo e Slovenia. La rosa plasmata per l’occasione dal selezionatore, in questo senso, rassicura sino a un certo punto. Per stati di forma e per statistiche. Il paradosso, però, è che difficilmente poteva presentare un volto assai diverso. Continuiamo ad aggrapparci ai tenori Akanji, Rodriguez, Xhaka, Freuler, Ndoye ed Embolo. E, volendo citare ancora Tami, ci culliamo nell’esperienza positiva vissuta alle porte dell’estate, in occasione della tournée americana che - finalmente - si era tradotta in due successi. Assicurare che le amichevoli vinte contro Messico e Stati Uniti abbiano guarito i preoccupanti malanni emersi dopo l’ubriacatura di Euro 2024, però, è pericoloso. Serve un altro contesto competitivo. Serve per l’appunto misurarsi con il sempre insidioso Kosovo, in tre sfide mai battuto dagli uomini di Yakin.
«Muri», a proposito di ricorrenze, festeggerà proprio oggi il 50. incontro alla guida della nazionale rossocrociata. E i 4 anni esatti dal primo match ufficiale nella veste di cittì. Era il 5 settembre del 2021 e, sempre a Basilea, l’ex allenatore dello Sciaffusa trovò il modo di irretire l’Italia, capolavoro iniziale della cavalcata che ci aveva visti beffare gli azzurri nella rincorsa alla Coppa del Mondo in Qatar. Quel biglietto da primi della classe, vestendo la casacca degli outsider, fu sì sorprendente. E però bellissimo per trama e modi. Di più. Anche allora, guarda caso, Yakin era stato chiamato a fornire risposte e risultati convincenti in appena sei gare e due mesi e mezzo di tempo. Ebbene, la Svizzera riuscì a firmare l’impresa grazie a una qualità su tutte: la solidità difensiva. Per dire: in 540’ si registrò una sola rete subita, il che rese meno difficile tutto il resto. Tra pali comandava ancora Yann Sommer, il ruolo di terzino destro era ricoperto da un affidabilissimo Silvan Widmer, mentre al fianco di Manuel Akanji si contendevano un posto Nico Elvedi e Fabian Schär. Tre di questi cinque fattori, nel frattempo, sono venuti meno. Ecco perché la Nazionale si appresta a vivere una fase di qualificazione inedita. E, per dirla con Tami, forse non così da favorita.