Tanti dubbi e stranissime coincidenze

Flavio Viglezio
14.12.2017 04:55

Di Flavio Viglezio - È una bomba che lascerà a terra morti e feriti o un petardo destinato a spegnersi in fretta senza provocare danni? Nessuno può rispondere con certezza, oggi. Fatto è che il ciclismo è entrato per l'ennesima volta nell'occhio del ciclone. Sul banco degli imputati è salito addirittura Mr. Chris Froome, vincitore di quattro Tour de France. Il britannico della Sky è stato pizzicato con una concentrazione di salbutamolo nelle urine doppia rispetto al consentito. Non è EPO, ma un semplice medicamento per curare l'asma, di cui Froome soffre. Già, come se ci fosse un doping di Serie A e un altro di Serie B: una «forma mentis» che ha contribuito non poco alla perdita di credibilità delle due ruote. Sì, non è EPO, ma se fa parte delle sostanze proibite una ragione c'è. A dosi massicce il salbutamolo può aumentare del 5-10% la capacità respiratoria. Ed allora – mentre la Sky con spiegazioni più o meno fantasiose difende il suo campione, che si professa innocente – i dubbi e i quesiti sorgono spontanei. Perché l'UCI ha comunicato solo ora i risultati di analisi effettuate alla Vuelta, ad inizio settembre? Perché i medici della Sky, che conoscono – o dovrebbero conoscere... – a memoria i prodotti proibiti, i loro effetti e le conseguenze hanno allegramente corso il rischio di prescrivere una «doppia razione» (perdonateci l'espressione) di salbutamolo a Froome? Questa è cultura del sospetto, certo, ma il ciclismo ne ha combinate talmente tante che oggi spetta agli accusati fornire la prova della loro innocenza. Per combattere il doping, purtroppo, bisogna partire dalla presunzione di colpevolezza. Troppo facile trincerarsi dietro al classico «non è mai stato controllato positivo in carriera», molto in voga in situazioni simili. Tra il 1999 e il 2005 si difendeva così – facendo pure l'offeso – un signore texano che di nome fa Lance e di cognome Armstrong. Sappiamo tutti come è andata a finire, con il grande inganno e la caduta nel fango dell'eroe che dopo aver vinto la battaglia contro il cancro stracciava la concorrenza con la sua folle frequenza di pedalata in salita. L'UCI e la Grande Boucle gongolavano, il pubblico andava in delirio. Quella cadenza – ma guarda un po'... – che solo Froome ha saputo e sa riproporre. Una strana coincidenza, vero?