Il commento

Ucraini, via i malintesi

Bene hanno fatto i direttori cantonali degli affari sociali: in occasione della loro riunione tenutasi lunedì hanno formulato una proposta che se verrà confermata spegnerà le tensioni sociali che rischiavano di scoppiare anche in Ticino
Prisca Dindo
16.11.2022 06:00

Bene hanno fatto i direttori cantonali degli affari sociali. In occasione della loro riunione tenutasi lunedì hanno formulato una proposta che se verrà confermata spegnerà le tensioni sociali che rischiavano di scoppiare anche in Ticino. Se tutto andrà bene, dal prossimo gennaio i rifugiati ucraini con statuto S dovranno vendere la loro auto o depositare le targhe dopo un anno di residenza in Svizzera, sempre che la vettura non sia indispensabile per le loro attività. Una revisione della prassi che raccoglie il sostegno anche dell’Organizzazione svizzera dell’aiuto ai rifugiati, che chiede anche alla Confederazione maggiori sforzi per l’integrazione degli ucraini giunti nel nostro Paese. Gli svizzeri hanno dato prova di grande cuore, fin dallo scorso febbraio, quando iniziò l’invasione russa dei territori ucraini. Nel giro di poche settimane, il nostro Paese ha assicurato alle persone provenienti dall’Ucraina una sorta di corsia preferenziale rispetto agli altri rifugiati, accordando loro da subito lo statuto di protezione S. Che significa diritto all’alloggio, alle prestazioni sociali, alle cure mediche oltre che all’accesso immediato al mercato del lavoro. «Non appena la situazione di grave pericolo generale cesserà - ha spiegato il Consiglio federale - lo statuto di protezione sarà revocato e le persone in questione dovranno rientrare nel loro Paese di provenienza». Intanto più avanzavano i carri armati di Putin più le testimonianze di solidarietà aumentavano. In Ticino i centri di raccolta di beni di prima necessità si moltiplicavano di giorno in giorno. L’immagine del padiglione Conza a Lugano colmo di vestiti caldi è nei ricordi di tutti noi. Senza parlare della gara di solidarietà nell’accogliere le prime famiglie ucraine in fuga dalle bombe. Tutti erano pronti a dare il loro contributo. L’entusiasmo si smorzò quando ci rendemmo conto che l’Ucraina non è un Paese del terzo mondo. Chi giungeva alle nostre frontiere non aveva valigie avvolte con lo spago, come i rifugiati del Medioriente. Anzi. Alcuni di loro avevano auto potenti e telefonini di ultima generazione. Molti ucraini riusciti a salvarsi dalle atrocità della guerra così vicina a noi sono persone del ceto medio, che si lasciano alle spalle lavori ben remunerati. Non come molti immaginavano, poveretti vissuti di stenti. Così, mentre gli effetti del conflitto in corso ormai da mesi cominciano a pesare anche sulle nostre economie, quei bolidi posteggiati di fronte agli sportelli degli aiuti sociali hanno iniziato a diventare sempre più indigesti. In Svizzera le bollette aumentano come pure il costo della spesa. Secondo un recente studio di Pro Senectute, sono ben quarantaseimila gli anziani che vivono nel Paese con meno di 2.279 franchi. Stando al Soccorso d’Inverno Ticino le persone del ceto medio che un tempo riuscivano a far fronte a tutte le spese, ora si trovano in difficoltà e non arrivano più alla fine del mese. Di questo passo il rischio che il nobile sentimento di solidarietà nei confronti della popolazione ucraina si trasformi in risentimento è concreto. Ecco perché la decisione della Conferenza dei direttori degli affari sociali è schiuma dei pompieri sui possibili focolai di rabbia contro chi, in apparenza, sembra star meglio di noi.