Un confronto teologicamente drammatico

di LUIGI SANDRI - Aprendo il Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia ieri il papa ha proposto l'ideale di una Chiesa che sappia unire verità e misericordia verso le persone «ferite», ma ha ignorato la vicenda del prelato vaticano che sabato aveva fatto «coming out» affermando non solo la sua omosessualità ma anche precisando di convivere con un altro uomo. Monsignor Krzysztof Charamsa, polacco, 43.enne, studi ecclesiastici a Roma e anche alla Facoltà teologica di Lugano, infine scelto come officiale della Congregazione per la dottrina della fede [CdF] e sottosegretario della Commissione teologica internazionale, docente di teologia nelle università pontificie romane della Gregoriana e di Regina Apostolorum, si era «confessato» al «Corriere della sera». Quelle inaudite dichiarazioni facevano il giro del mondo e provocavano un profondo imbarazzo nella Curia romana ed – è da pensare – nel pontefice. Di fatto nella tarda mattinata di sabato il portavoce vaticano p. Federico Lombardi così replicava: «La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell'apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l'assemblea a una indebita pressione mediatica. Certamente monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la CdF e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo ordinario diocesano (il vescovo polacco di Pelplin)». Lombardi ha legato dunque il «coming out» del prelato polacco e il Sinodo che, tra gli altri temi «caldi» (l'Eucaristia alle persone divorziate e risposate, le convivenze prematrimoniali, i matrimoni civili dei cattolici, la contraccezione ritenuta «immorale» dall'enciclica «Humanae vitae» di Paolo VI) dovrà affrontare anche il problema dell'omosessualità; e, in merito, l'«Instrumentum laboris», cioè il testo base dal quale da stamattina parte il dibattito, ribadisce la dottrina vigente (i rapporti omosessuali sono oggettivamente immorali). Ma il papa ieri ha evitato qualsiasi riferimento alla vicenda Charamsa e all'omosessualità, preferendo fare riferimento al problema delle persone divorziate. Egli ha insistito sul matrimonio come unità indissolubile e fedele tra un uomo e una donna, perché – ha aggiunto – all'inizio del mondo così Dio volle nel suo progetto per l'umanità, e così confermò Gesù. La Chiesa deve proclamare questa verità ma anche, ha proseguito il papa, deve aprire il suo cuore alle persone «ferite», e «sole», quelle ad esempio abbandonate dal coniuge. Bergoglio non si è addentrato in casi specifici e in soluzioni concrete: ha dato delle indicazioni di «metodo pastorale». Spetterà ora ai 270 padri sinodali affrontare, fino al 25 ottobre, questo ventaglio di problemi, per suggerire al papa soluzioni (l'Assemblea, infatti, è consultiva). Ma i «padri» sono radicalmente divisi sul «che fare». Cardinali contro cardinali, vescovi contro vescovi perché ancorati a due contrapposte visioni teologiche. Gli uni ritengono che, su tutti i temi «caldi», non ci sia nulla di nuovo da dire, ma solo riaffermare la dottrina di sempre, fondata sulla parola di Gesù; e, dunque, «no» all'Eucaristia alle persone divorziate e risposate, «no» alle unioni omosessuali. Gli altri, invece, ritengono che nel Nuovo Testamento e nella storia della Chiesa vi siano elementi per pensare che si possa dire «sì», dopo ponderate riflessioni, nei casi citati. Il confronto, al Sinodo, sarà teologicamente drammatico; e l'esito incerto. Che farà il papa?