L'editoriale

Un epilogo doloroso ma anche inevitabile

Negli ultimi tempi il rettore dell'USI Boas Erez, a causa di prese di posizione e iniziative discutibili, era diventato agli occhi di molti un «comandante in capo» che sollevava più attriti che armonie
©Chiara Zocchetti
Paride Pelli
23.04.2022 06:00

Non è un fulmine a ciel sereno la notizia dello strappo tra il Consiglio dell’Università della Svizzera italiana e Boas Erez, avvenuto ieri di comune accordo in seguito a divergenze di vedute. Negli ultimi tempi il rettore, a causa di prese di posizione e iniziative discutibili, era diventato agli occhi di molti, troppi, sia all’interno che all’esterno dell’USI, un «comandante in capo» che sollevava più attriti che armonie. Un rettore che ha fatto poco per ricucire e per adottare una strategia più conciliante, come il suo ruolo istituzionale avrebbe consigliato, ma che al contrario è diventato viepiù ipercritico, sia su temi globali come la gestione della pandemia, sia (soprattutto) su quelli locali e per certi versi folcloristici come l’autogestione. L’essersi seduto in cerchio con i molinari e l’aver preso le loro difese senza se e senza ma, in nome della cultura e della pace sociale, aveva fatto irritare pure l’allora sindaco Marco Borradori, che aveva escluso un suo ruolo di mediatore nella querelle - peraltro non ancora risolta - tra Centro sociale e Municipio. La sensazione, emersa lampante con la rottura delle ultime ore, è che l’uscita di Erez sia il risultato di uno scontro di «governance» interna che durava da tempo. La separazione è da questo punto di vista un destino forse inevitabile, anche a causa di una personalità forte da parte del rettore e di una gestione poco incline a quei compromessi che permettono alle cose di prosperare. Una storia iniziata bene e finita male, dunque, quella tra l’USI ed Erez, che resterà ora in qualità di professore ordinario dopo aver comunque svolto durante il suo rettorato, a partire dal 2016, un ottimo lavoro nel rendere l’USI più internazionale e aperta al mondo e nell’incrementare la coesione interna di tutto il polo accademico. Sono, questi, risultati oggettivi, a cui aggiungere il merito di aver allacciato un proficuo dialogo con la Città di Lugano, incrinato però, come detto, da un eccessivo protagonismo nella diatriba dell’autogestione. Debolezza comprensibile: un tratto distintivo di Erez, nel bene come nel male, è il desiderio di avere intorno a sé una cultura giovanile vivace ed esuberante. Un epilogo amaro ha però fermato le danze. Tutti ne escono sconfitti e dal cambio ai vertici di ieri ci si augura che si possa ripartire con un chiarimento interno indispensabile. La Conferenza dei rettori forse non apprezzerà quanto accaduto (in Svizzera un esito del genere, prima della naturale conclusione del mandato, rappresenta una rarità), ma - tutto sommato - non dovrebbero esserci ricadute negative, almeno a breve termine, sulla stessa USI, forte dei migliori dati mai registrati a livello di numero di studenti (oggi 3.923). La fase di assestamento dopo il terremoto richiederà una notevole delicatezza gestionale e comunicazionale e alla fine toccherà al prossimo rettore imprimere una nuova consistente svolta all’ateneo trovando finalmente un’intesa con la presidenza. Il prescelto dovrà far sì che l’USI si connetta ancor di più col mondo del lavoro, mai come ora pieno di incognite e di tendenze che vanno colte senza ritardi ed esitazioni, e nel contempo dovrà mantenere quelle peculiarità che rendono la nostra Università unica nel suo genere, in primis l’essere piccola ma autorevole, a misura d’uomo. Caratteristica, questa, che ha permesso alle Facoltà di Lugano di rimanere vicine ai propri studenti negli ultimi due difficili anni pandemici, che hanno messo in grossa difficoltà tutto il sistema dell’istruzione. Non da ultimo, al prossimo rettore toccherà il compito di far dimenticare certe asperità che ieri si sono palesate in modo eclatante, dando luogo a un finale di partita non del tutto onorevole. Ma per far questo gli basterà ricordare che, in un ruolo istituzionale di così grande responsabilità, il modo di porsi e di confrontarsi, ossia la forma, diventa inevitabilmente sostanza.

Correlati
Finisce in anticipo l'era Erez
Il Consiglio e il rettore hanno deciso di comune accordo di terminare anticipatamente il mandato – Resterà come professore ordinario Monica Duca Widmer: «Alla base divergenze sulla gestione amministrativa» – Michele Foletti: «Con lui un concreto avvicinamento con la Città»