Il commento

Un hashtag ci seppellirà insieme ai luoghi comuni

Il commento di Prisca Dindo
Prisca Dindo
02.02.2021 06:00

Passano il tempo ripiegati sul telefonino, con lo sguardo perso nel display, anche quando sono in gruppo. Il loro volto si anima solo quando c’è da scattare un selfie. Allora alzano gli occhi al cielo e ridono alla vita. Poi il capo torna a chinarsi. L’interesse per le cose di questo mondo sfuma. Noi che siamo nati nello scorso millennio, fatichiamo a capire i figli della generazione Z. Li descriviamo come ragazzi senza ideali, quasi lobotomizzati. Loro, sono i primi nella storia dell’umanità a non aver conosciuto il mondo senza il digitale. La loro dipendenza dalla tecnologia e dai social media ci spaventa. Ma siamo poi sicuri che la nostra chiave di lettura sia quella corretta?

A guardar bene è stata Darnella Frazier, una ragazzina di 17 anni di Minneapolis, ad innescare la miccia dell’indignazione globale, sfociata nel movimento blacklivesmatter. In maggio Darnella pubblica un video su Facebook con un uomo di colore bloccato a terra da un poliziotto bianco con un ginocchio sul collo. Si chiama George Floyd. Il suo «I can’t breath», ripetuto più volte prima di morire, si trasforma in un hashtag, il famoso # utilizzato dai social per aggregare temi. Grazie alla prontezza di Darnella, il mondo scopre la violenza delle forze dell’ordine americane contro la popolazione di colore.

Pure gli abusi sessuali sulle donne sul posto di lavoro sono venuti a galla grazie ai social. «Sei stata molestata? Rispondi con un “Metoo”», scrive nel 2017 su Twitter l’attrice Alyssa Milano, dopo le denunce contro il produttore Harvey Weinstein. L’hashtag #metoo raccoglie testimonianze in tutto il mondo e come un uragano sfocia in un movimento di protesta. Di recente è apparso in Francia #MeTooIncest, nato dopo la pubblicazione di «La familia grande», un libro sull’incesto vissuto dal fratello gemello dell’autrice da parte del patrigno, un uomo molto vicino ai poteri forti del Paese. Anche in questo caso l’ondata di testimonianze è travolgente, tanto da far reagire il presidente francese Macron. Altro che gioventù apatica. Oggi è su TikTok Facebook Snapchat Twitter ed Instagram che nascono le discussioni e si denunciano le ingiustizie e i soprusi. Spostandosi sui social, le lotte non sono più locali, ma globali e immediate. La generazione Z lo sa e combatte dalla camera di casa vostra al fianco di chi racconta verità scomode.