Un Paese tra sogno e realtà

In un bel «Paese da sogno» tra le montagne, i laghi, i torrenti e le vallate vive una popolazione piena di sogni che si immagina un futuro del proprio Paese dove l’assicurazione malattia sia quasi gratuita e centralizzata ma con una sanità di eccellenza, dove si possa avere la pensione fino a cento anni e oltre, magari senza aver lavorato troppo e con il tasso di conversione garantito, dove si può andare in pensione in giovane età rispetto ad altri paesi. Un Paese con un Governo che progetta investimenti faraonici per la costruzione di strade con cantieri sempre aperti, di strutture sociali e di opere pubbliche e sportive senza proporzione alla piccola realtà, dove anche se l’economia privata soffre, quella pubblica può affrontate qualsiasi spesa senza limiti e con il numero di dipendenti pubblici in crescita. Un Paese dove si possono avere tanti ospedali e centri di cure privati, senza preoccuparsi di far lievitare i costi o della carenza di efficienza clinica o dell’aumento dei costi delle casse malati. Un Paese dove si lavora in gran parte in remoto, o a tempo parziale, con molte settimane di vacanza e congedi per madri e padri e per tutti i parenti. Dove i contributi per indennità e disoccupazione e le deduzioni fiscali vengono erogati a pioggia.
Un Paese che recupera la manodopera da altri Paesi permettendo di sostenere i propri cittadini in indennità o in disoccupazione per lunghi periodi, perché non vogliono fare i lavori più semplici e faticosi. Un Paese da sogno dove il debito pubblico non è importante e dove tutti possono lavorare poco, senza fare fatica, perché i cittadini degli altri stati vengono in vacanza tutto l’anno anche quando piove e anche se il servizio non é di qualità e concorrenziale con i paesi limitrofi.
Poi esiste un Paese gemello poco lontano, il «Paese della realtà», con un territorio e caratteristiche naturali simili, dove le assicurazioni malati costano caro, i fondi pensione non si riescono più a finanziare all’infinito con tassi positivi, dove bisognerà andare in pensione a 70 anni, dove la spesa pubblica è eccessiva ma con un sano principio di riduzione delle spese superflue e troppo sociali, e una riduzione della struttura pubblica amministrativa proporzionale al numero di abitanti, si possano trovare soluzioni concrete per il futuro.
La struttura e gli investimenti ragionevoli che vengono finanziati da imposte per lo più pagate dalla classe medio alta, ma almeno eque e sensate, dove i cittadini che non pagano le tasse sono la maggioranza relativa, ma accettano che chi paga le tasse non sia penalizzato da balzelli illogici che affossano l’economia delle aziende familiari e i loro eredi.
Una realtà dove il debito pubblico sarà il migliore regalo da lasciare ai figli e ai nipoti, ma dove prendendo decisioni sensate di riduzione sostanziale delle spese, si possa prevedere una tendenza al ribasso, grazie ai sacrifici di tutti. Un Paese dove gli investimenti in infrastrutture pubbliche vengono fatti con moderazione su concetti di mercato reale.
Una realtà sanitaria basata sulla qualità e l’efficienza, con un ospedale universitario unico e centralizzato con al massimo in due località, chiudendo gli ospedali periferici, spesa pubblica contenuta anno dopo anno per riportare il bilancio pubblico in cifre nere nel futuro prossimo.
Questo Paese promuove le cure mediche senza quota fissa per la formazione dei medici e dove si incentiva la formazione ed il sostegno di infermieri/e, elemento cardine della struttura sanitaria. Una realtà dove si investe nella sostenibilità, ma in misura ponderata ed accessibile a tutte le realtà economiche, anche quelle più piccole, che hanno grandi difficoltà. Un paese dove il turismo è una delle principali risorse sulla base di un servizio di alto livello, realmente accogliente e una gastronomia impeccabile a costi accettabili. Dove gli affitti sono commisurati alla particolare situazione geografica e non ai prezzi delle grandi città europee.
Il «Paese della realtà» è fatto per lottare, per fare tutti quanti dei sacrifici e per rimboccarsi le maniche tutti i giorni, un paese dove non si abusa dei sussidi e di indennità/disoccupazione, dove prima di chiedere alla comunità e allo stato, bisogna dare individualmente un contributo personale con il lavoro quotidiano, il Paese basato prima sui doveri e poi sui diritti.
Bisogna però fare molta attenzione: è necessario che tutti i cittadini restino con i piedi ben saldi per terra come nel «Paese della realtà» per non scoprire un giorno che vivendo nel «Paese da sogno» ci si trovi in un «Paese da incubo».