Il commento

Un sì senza storia ai tagli senza forbici

Sul piano cantonale il risultato scaturito dalle urne è chiaramente inequivocabile: i sostenitori del cosiddetto «decreto Morisoli» hanno vinto su tutta la linea
Gianni Righinetti
16.05.2022 06:00

Sul piano cantonale il risultato scaturito dalle urne è chiaramente inequivocabile: i sostenitori del cosiddetto «decreto Morisoli» (ovvero il fronte UDC, PLR e Lega), con un chiaro sì al 56,9%, hanno vinto su tutta la linea. Ad uscire sconfitta è la sinistra nel suo insieme: il PS che aveva rincorso la VPOD nella fuga referendaria in avanti, ma anche tutte le galassie che ruotano in quell’area che, dall’alto delle oltre 10.000 firme raccolte e forte di 22 tra associazioni, partiti e sindacati schierati, hanno fallito quella che era ormai diventata più una missione politica che un obiettivo concreto. Rispettivamente possiamo dire che ha vinto (e rispettivamente perso) la forma, mentre solo il futuro ci dirà come e se verrà tradotto in sostanza il rapporto di forze emerso dalla volontà popolare.

Con la decisione di ieri si è forse consumata la più inconsistente delle votazioni popolari degli ultimi anni a livello cantonale. Si dice che il popolo abbia sempre ragione e non vogliamo essere noi a tentare di sfatare questa massima, ma a voto ormai acquisito, ad urne chiuse e risultato conclamato, resta la domanda delle domande che ci ha accompagnato per molti mesi: ma su cosa abbiamo veramente votato e cosa abbiamo concretamente deciso? Azzardare a posteriori una o più ipotesi di risposta avrebbe molto meno senso della ricerca spasmodica degli scenari che ci hanno accompagnato nel corso della campagna in vista dell’appuntamento del 15 maggio. Ora sappiamo ciò che già sapevamo: il conto economico dovrà tornare in parità, cosa che già dice la Costituzione cantonale, ora si aggiunge il termine del 2025, ma quanto questo sarà perentorio ce lo indicheranno le mosse che Governo e Parlamento faranno nei prossimi mesi, anzi, nei mesi del 2023 che seguiranno le elezioni cantonali. Prima di allora non attendiamoci pozioni miracolose e men che meno interventi draconiani.

Se la vittoria è chiara, la sconfitta è cocente e le reazioni piccate contro la presunta «politica neoliberista» fanno dei perdenti dei cattivi perdenti, incapaci di fare autocritica dopo aver per settimane paventato la catastrofe nel caso di un voto favorevole. Non a caso il fronte del no aveva insistito per dare al decreto l’appellativo «Morisoli» nell’intento di mettere tutti in cattiva luce facendo tornare alla memoria l’epoca nella quale Sergio Morisoli era al fianco di Marina Masoni, quasi a sventolare lo spauracchio del ritorno di quell’epoca. Due sono le ipotesi: o l’elettore ha davvero mostrato nostalgia per quella fase politica e i suoi protagonisti, oppure vuole semplicemente che lo Stato impari a risparmiare e a comportarsi come ogni famiglia, chiamata a mai compiere il passo più lungo della gamba e, se proprio necessario, che contragga debiti solo per quanto indispensabile. Anche in questo caso non sapremo mai la cosiddetta verità. Forse una controprova l’avremo, quando ci saranno decisioni da parte del Governo e del Parlamento e se qualcuno lancerà puntuali referendum per dare l’ultima parola ai cittadini. Sembra paradossale. Il referendum, che è di per sé la mossa per giungere a una decisione senza appello, in questo caso è servito a dare solo un indirizzo politico, quasi fosse un sondaggio per capire che aria tira in Ticino. E l’aria è di sostegno a chi esercita una politica di centrodestra.

Va detto che anche UDC, PLR e Lega hanno avuto paura di perdere al punto che, dopo aver per mesi difeso la necessità di tagliare, hanno riposto le forbici assumendo una linea più moderata, quella del «contenimento della crescita della spesa», una formulazione, lo ribadiamo, da azzeccagarbugli della politica. La promessa che è stata fatta a più riprese per convincere i più moderati è stata quella di tagliare senza fare uso delle forbici. Il tempo ci dirà. Il «decreto Morisoli» intende poi sbarrare la strada a chiunque abbia l’intenzione di aumentare le imposte. Obiettivo sottoscritto anche dal PPD che però sui tagli stava con la sinistra. Un cortocircuito da chiarire al più presto per un partito che dopo il voto di ieri è chiamato a chiarire da che parte intende stare.