Una legge ancora tutta da costruire

di RAFFAELLA CASTAGNOLA - Sono scaduti questa settimana i termini di consultazione della Legge sulla cultura, che il Dipartimento dell?educazione, della cultura e dello sport ha inviato non solo ai partiti politici e alle specifiche commissioni cantonali, ma anche ai rappresentanti attivi sul territorio, da quelli del mondo dell?arte, del cinema, della musica, al mondo universitario, fino all?ampio serbatoio delle associazioni. Un segnale positivo, questo, per due motivi: pone l?accento su un tema finora trascurato come quello della politica culturale e lo fa con una consultazione ad ampio raggio, per coinvolgere la base e i protagonisti, spesso silenziosi, di un operare costante. Il documento trasmesso è accompagnato da una cronistoria, che parte dalla mozione inoltrata nel 2007 da alcuni granconsiglieri sull?opportunità di dotare il Canton Ticino, che ne è privo, di una legge cantonale. Con una risoluzione del 2011 il Consiglio di Stato costituiva poi un gruppo di lavoro incaricato di elaborare un documento, che si basasse tuttavia su alcuni elementi oggettivi, come la valutazione delle legislazioni vigenti in altri cantoni, in modo da individuare proposte concrete seguendo linee direttive già consolidate altrove. Lo studio ha messo in evidenza il tipico federalismo svizzero, con una varietà di regolamentazioni sulla materia: ci sono cantoni con leggi quadro succinte, altri che offrono fin nel dettaglio procedure e regolamenti settoriali. Solo pochi cantoni, tuttavia, sono totalmente privi di una legge. Dotarsi di una legge è dunque una necessità, anche se il Ticino si è comunque appropriato di sue regole specifiche per l?organizzazione e per la distribuzione dei sussidi a favore della cultura e per la salvaguardia dei valori dell?italianità. Una commissione culturale dà precise valutazioni sui progetti inoltrati e il suo parere al Consiglio di Stato. Oggi il Dipartimento assume la maggior parte delle spese degli istituti culturali per un valore di circa 20 milioni, mentre per le attività culturali (circa 14 milioni) entrano congiuntamente in scena il Fondo Swisslos, l?aiuto federale per la promozione della lingua e della cultura italiana e nuovamente i fondi del DECS. Esistono inoltre, per il cinema, il Fondo Cinema e il Fondo FilmPlus della Svizzera Italiana. Si fa comunque molto e ciò è confermato dai dati statistici, che indicano una spesa pro capite di fr. 231 e che collocano il Ticino fra i cantoni più sensibili. La statistica è tuttavia del 2002 e sarebbe interessante riportarla all?oggi. Serve allora una legge sulla cultura? È la prima delle cinque domande del questionario inerente alla consultazione e si dovrebbe rispondere affermativamente. Restano invece aperte altre questioni importanti, che riteniamo utili elencare seppure succintamente. Manca infatti, come premessa ad una regolamentazione, una radiografia attenta di ciò che il Cantone fa dal punto di vista culturale: sarebbe infatti opportuna, proprio per chiedersi «dove vogliamo andare», una distaccata consapevolezza dell?attuale situazione, elaborata da un gruppo di esperti esterni. Questo perché si ha l?impressione che se alcune cose funzionano bene, anzi benissimo, altre, meno opportune o ormai superate per concezione, continuino invece a rimanere come elementi fondanti della «casa» della cultura del Canton Ticino. Il documento ne cita infatti in nota alcune, come fossero inamovibili. Un?altra questione riguarda la costituzione di una Conferenza cantonale della cultura, una novità introdotta all?articolo 6, che chiama ad un unico tavolo di lavoro rappresentanti del Cantone, dei Comuni urbani e periferici per concordare le offerte culturali e per delineare un disegno coerente. Iniziativa senz?altro positiva se l?intento è quello del coordinamento (vista la fallimentare presenza dell?Osservatorio culturale ticinese), ma che potrebbe contrastare con il ruolo della Commissione culturale cantonale. Se si deve infatti pensare ad una strategia culturale, gli enti da coinvolgere dovrebbero essere molti di più e sarebbe inoltre auspicabile un consolidamento dei rapporti con altri enti nazionali (come Pro Helvetia), soprattutto per la ripartizione dei sussidi. Altre due questioni riguardano da vicino le associazioni: l?articolo 4 parla di organismi «senza scopo di lucro», scontrandosi poi col problema delle elargizioni ad iniziative che contemplino il guadagno, come l?editoria. Infine c?è il tema dell?«accredito», questione importante, perché darebbe un freno a istituzioni prive di organizzazione, di statuti e di organi di controllo finanziari, e darebbe nel contempo l?opportunità di un accredito serio anche a chi si affaccerà in futuro sul territorio con iniziative nuove e di qualità. La bozza va dunque ripensata in tutte le sue sfaccettature, prima di diventare una vera e propria legge.