Uno, mille, diecimila Vanni Bianconi

Uno, mille, diecimila Vanni Bianconi. Ma se possibile anche centomila e un milione. Lo scrittore ticinese il 5 settembre si imbarca su una delle cinque flottiglie (tra le tantissime della Global Sumud Flotilla) che la Svizzera ha predisposto per inviare aiuti alimentari al popolo palestinese: una sessantina di connazionali saranno con lui per cercare di sfondare la cortina che trattiene la solidarietà internazionale dal portare soccorso. Un gesto che non solo rafforza il sostegno in cibo e beni di prima necessità verso uomini, donne e bambini che ne sono totalmente deprivati, ma aggiunge un fondamentale tassello all’intervento civile. Bianconi, che già in altre occasioni ha contribuito in prima persona, nella West Bank, alla difesa della causa (anzi della gente) palestinese, afferma in un’intervista: «Da più o meno un anno avverto che la cultura non è più sufficiente per reagire alla situazione che stiamo osservando tutti con totale impotenza». Un’affermazione dolorosa, per chi agisce in ambito culturale. Ma alla quale, non solo nel caso specifico della Palestina, andrebbe aggiunta una domanda: «Di quale cultura stiamo parlando?» Forse dei libri, dei quadri, della musica, della danza? Secondo l’idea che fu prima di Marx e della sua «praxis trasformativa», poi di Gramsci nella sua assunzione della cultura a «impegno», la Cultura con la «C» maiuscola non si esaurisce nelle discipline intellettuali, ma si estende a tutto ciò che è umano. E che in quanto umano dev’essere valorizzato o addirittura salvato. Agire in difesa dell’uomo - e mai come oggi, secondo le parole di Moni Ovadia, dobbiamo difendere la nostra umanità - equivale di fatto a compiere un atto culturale, un atto di Cultura. È Cultura portare aiuti umanitari a rischio della vita, è Cultura spingersi con una telecamera nei territori della sofferenza, è Cultura manifestare in piazza, è Cultura chiedere all’Onu una maggiore presenza nella regione, è Cultura agire politicamente per riconsegnare dignità alla storia. Certo, è Cultura anche il libello, il saggio, la conferenza, lo spettacolo di solidarietà, la performance di danza in sostegno di un fazzoletto di terra grande quanto un cantone elvetico. Ma Cultura nel senso più estremo e cogente, fuori da ogni cautela o accademismo, è soprattutto agire. Poiché tra i libri migliori che la Storia ha sempre scritto ci sono quelli che la Storia l’hanno disegnata o corretta nel segno del bene. E questa di Bianconi e dei suoi compagni di viaggio è già Storia. Una Storia che probabilmente resterà sugli scaffali della memoria quanto le opere di Fanon, di Said o di chiunque altro abbia lottato contro la disumanità. Tacere negli atti, tacere nelle parole: questa sì è Incultura. Ma agire con atti e parole, questa è Cultura.