Valori svizzeri: un’importante eredità del 1848

Ho letto una pubblicità elettorale che, parlando al solito male del nostro consigliere federale, inneggia ai propri «valori svizzeri». Peccato! È poco svizzero parlar male di un avversario politico. Poco «svizzero», perché se ai tempi della creazione della Svizzera federalista e democratica, quella da cui deduciamo i nostri valori, quell’atteggiamento un po’ arrogante avesse avuto la meglio, la nostra Svizzera di oggi non sarebbe probabilmente quella di cui siamo fieri. Si usciva, nel 1848, da una guerra fra Cantoni progressisti e conservatori, i primi soprattutto protestanti e in forte sviluppo economico, gli altri cattolici e molto legati alle tradizioni, che assunse il nome di guerra del «Sonderbund», nome della coalizione dei Cantoni conservatori. Vinsero militarmente i primi, ma non vollero imporsi politicamente e coinvolsero i perdenti a pari diritti in un processo di preparazione della prima vera Costituzione del nostro Paese.
La storia di quel processo politico di grandissima rilevanza storica, durato pochi mesi, ci trasformò nella prima democrazia europea dando ad ogni persona (uomini e donne) dei diritti costituzionali di grande rilevanza, introducendo la separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario ed imponendo in tutti i Cantoni un sistema elettorale democratico, purtroppo allora ancora limitato ai soli uomini, e tribunali indipendenti.
Non si può riassumere in poche righe quel processo, se ne può invece commentare lo spirito: il principio adottato per creare la commissione che scrisse la prima Costituzione fu quello di chiamare un delegato per ogni Cantone o semi Cantone, vincente e perdente che fosse: 23 persone, poiché due Cantoni non parteciparono, tutti con pari diritti di parola e di voto. Fu così che a proporre il nostro sistema politico attuale fu il rappresentante del Canton Svitto, fra i perdenti della guerra. Accanto ad un Consiglio federale di 7 membri eletti per tre anni, propose la creazione di un Parlamento di due Camere di pari competenze, di cui una proporzionale alla popolazione di ciascun Cantone, il Consiglio nazionale, ed una invece, il Consiglio degli Stati, con due soli rappresentanti per Cantone (uno per i semi Cantoni). Fu il primo compromesso della storia della nostra Confederazione che, con quel sistema parlamentare misto e con la creazione del Consiglio degli Stati, ridiede alla Svizzera cattolica militarmente perdente posizioni importanti nel nuovo sistema politico.
La nostra democrazia, liberale e federalista, è nata dalla convinzione che la concessione a tutti della libertà di opinione porta a buoni frutti solo se la libertà è veramente di tutti e trova il suo spazio di ascolto in istituzioni studiate per permettere il confronto fra idee, convinzioni e proposte differenti. La democrazia non ha solo bisogno di idee, ha anche bisogno di palestre che permettano la discussione e quindi un loro sviluppo concordato. E chiede a tutti capacità di ascolto e comportamenti rispettosi: lo avevano capito bene nel 1848 e ci hanno così potuto dare istituzioni genialmente concepite, che funzionano ancora bene a 175 anni di distanza.
Un altro insegnamento ci hanno trasmesso quegli anni di crescita del modello «Svizzera» e dei suoi valori. La commissione che redasse la prima Costituzione fu presieduta dal rappresentante del Canton Berna Ulrich Ochsenbein, uomo forte di allora. La diresse con grande competenza e intuizione, maturate attraverso uno studio approfondito della Costituzione americana e l’esercizio della redazione della Costituzione del Canton Berna di qualche anno precedente. Eletto nel Parlamento federale divenne uno dei primi sette consiglieri federali a 37 anni. La storia ci dice però che dopo sei anni di presenza nell’esecutivo fu il primo consigliere federale non rieletto e, in mancanza di un sistema pensionistico, fu confrontato con molte difficoltà.
La Svizzera è anche questo: un Paese che ha acquisito i principi liberali e democratici, forse in parte anche inconsciamente, a tal punto da esprimere diffidenza nei confronti di chi sembra acquisire troppo potere. A noi svizzeri non sono mai piaciuti i re ed i principi, e non ci piacciono molto nemmeno coloro che nel sistema democratico sembrano contare più degli altri e non accettano quelle sconfitte che la democrazia del confronto delle idee necessariamente impone a tutti. Quelli che il compromesso lo considerano solo debolezza e non intelligenza. «Svizzero» è invece lasciare a tutte e a tutti, e non solo a chi si crede una élite, il piacere e la fierezza di essere svizzeri.