Situazioni, momenti, figure

Verdi al LAC e la storia

Sarà pregevole l’offerta della Traviata – Sperando che l’opera lirica torni regolarmente a Lugano dove ha tanti cultori e riempie sempre
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
26.08.2022 06:00

Una delle espressioni artistiche più elevate è l’opera lirica, che unisce musica, canto, teatro, danza e immagini affidate alla scena e agli sfondi. Espressione che deriva dal teatro greco e dalle prime cantate che contrapponevano le singole voci al canto corale. La tradizione dell’opera nasce a Firenze nel 1600 quando, seguendo coraggiosamente i gusti in evoluzione, Jacopo Peri con un testo di Ottavio Rinuccini affida al palco una storia di musica e canto, l’Euridice. Fu creata in occasione del matrimonio di Maria De’ Medici con Enrico IV di Francia, che per l’evento scese a Firenze. È la prima opera ritenuta ufficiale, sebbene un tentativo misurato fosse già stato fatto dai due autori con la Dafne. Nasce dunque in Toscana, terra di Dante, Boccaccio, Petrarca e dell’inventore della scala musicale, Guido D’Arezzo.

E proprio con un toscano, Giacomo Puccini, l’opera lirica concluderà la sua preziosa storia, quando il melodramma si spegne con l’incompiuta Turandot. L’opera lirica ha conquistato il mondo e nonostante i grandiosi Mozart e Wagner sono state le opere italiane a prevalere nei maggiori teatri. Fra il profumo delle trine morbide e le coltellate di Cavalleria rusticana, fra il bambino che grida di volere la tromba e il cavallino, nelle soffitte parigine o nei vicoli si sono susseguite voci di celebrità che hanno fatto epoca, divenendo leggende già in vita, come Caruso e Pavarotti. I direttori più prestigiosi uscendo dal giardino della musica sinfonica hanno legato i loro nomi all’opera e nonostante le celebrità come von Karajan sono stati per lo più i direttori italiani a dominare i teatri, ancora oggi affollatissimi. Qualche volta l’opera lirica ha acceso Lugano e tornerà da venerdì prossimo ad incantare il LAC con la vicenda di Violetta e Alfredo nella Traviata.

Questo cantone ha ricordi storici di operisti in azione o in soggiorno. Due dei più celebri, Leoncavallo e Puccini, qui hanno composto in rivalità fra loro due opere che aprirono la loro avventura internazionale. Abitano a Vacallo uno quasi di fronte all’altro. Si detestano. Puccini abita sopra una stalla dove fra l’odore del fieno scriverà di un’alcova dorata e di trine morbide nella sua Manon Lescaut. Vive con la futura moglie in due stanze ma ci porta un pianoforte. Avrebbe voluto musicare lui i Pagliacci ma Leoncavallo «glieli frega» e per indispettire Puccini appende al suo balconcino un pagliaccio di stoffa per avvertirlo che la sta componendo. Allora Puccini va a Chiasso e si fa cucire una grande mano di stoffa che appende al terrazzino per avvertirlo così che lui a sua volta è intento alla Manon. Poi entrambi scriveranno una propria Bohème. Leoncavallo si ritirerà tanti anni dopo a Brissago mentre Puccini, già celebre, venne spesso a Lugano, dove avrebbe voluto trasferirsi con la bella baronessa Josephine von Stengel ma non gli dettero il permesso.

Per dare l’idea di quanto fosse popolare basti ricordare che quando la sua salma tornò da Bruxelles a Milano la stazione di Airolo era affollata per salutarla e il musicologo Arnaldo Fraccaroli consegnò al capostazione l’articolo da telegrafare al Corriere della Sera. Quando il treno arrivò a Milano la città straripava con l’edizione speciale del giornale in mano agli strilloni. Da Airolo a Chiasso la gente era lungo i binari a salutare commossa il Maestro. Di Verdi non è accertato ma è probabile che ancora giovane abbia soggiornato a Vezia dalla famiglia Morosini, alle cui figlie dava lezioni di musica, sorelle del ragazzino Emilio, il più giovane caduto del Risorgimento, accorso a Roma a combattere per la repubblica sognata da Mazzini e Garibaldi, legati al generoso Ticino. Morosini per madre era nipote del landfogto solettese a Lugano von Zeltner, poi ambasciatore a Parigi.

Alla Biblioteca cantonale c’è un carteggio fra Verdi e la Morosini. Quando Verdi compone la Traviata l’Italia non è ancora tutta libera ma «il Cigno di Busseto» contribuì a unificarla. Le sue arie erano entrate nella vita quotidiana, dal mercato ai salotti. Fu un simbolo dell’anelito alla libertà. Fu la voce musicale del Risorgimento. Sarà pregevole l’offerta della Traviata al LAC e vedremo nuove suggestive scenografie con la regia di Carmelo Rifici. L’interpretazione dei cantanti e di Markus Poschner alla guida dell’OSI ci regaleranno un’esperienza di canto elevato. Sperando che l’opera lirica torni regolarmente a Lugano dove ha tanti cultori e riempie sempre. L’opera lirica è anche una buona occasione di educazione al gusto.