L'editoriale

Credit Suisse e l'esercizio di equilibrio politico

Passata la fase dell’indignazione e della recriminazione, per la politica è giunta ora quella dell’azione
Giovanni Galli
29.03.2023 06:00

Passata la fase dell’indignazione e della recriminazione, nella vicenda Credit Suisse per la politica è giunta ora quella dell’azione. Il Parlamento si è attivato indicendo una sessione straordinaria e gettando le basi per istituire una commissione d’inchiesta, allo scopo di stabilire le responsabilità del tracollo della seconda banca svizzera. L’ampia operazione di salvataggio in extremis e le modalità con cui è avvenuta hanno sollevato una serie di interrogativi che devono trovare una risposta e aperto anche domande su come affrontare il futuro in presenza di un «colosso finanziario sovradimensionato» (così Avenir Suisse ha definito la nuova UBS) di rilevanza sistemica. Gli importi in gioco sono notevoli. Gli oltre 200 miliardi messi sul piatto a titolo di garanzia da Confederazione e Banca nazionale equivalgono a più di un quarto del Prodotto interno lordo. I 109 miliardi decisi dal Consiglio federale sono un importo di gran lunga superiore agli 80 del bilancio annuale dello Stato. Detto questo, nell’imminente e breve sessione straordinaria non bisognerebbe riporre aspettative eccessive. L’ordine del giorno completo sarà pubblicato solo domani, ma non è detto che vengano affrontate tutte le questioni sul tappeto, anche perché fra i partiti ci sono divergenze sull’opportunità di discutere alcune proposte di regolamentazione in ambito finanziario pendenti da tempo. Il Parlamento, inoltre, può solo approvare i crediti d’urgenza, perché i soldi, come ha spiegato ieri la «NZZ», sono già stati impegnati. Al limite, se non volesse limitarsi a fungere da istanza di ratifica, potrebbe aggiungere clausole al loro impiego. Più partiti, in linea di principio sono favorevoli a uno scorporo della parte svizzera del Credit Suisse, sia per i rischi connessi alla creazione di una megabanca sia per prevenire nuovi e costosi interventi a posteriori. Ma al tempo stesso, una volta formulate le attese nei confronti della nuova UBS, il Parlamento dovrebbe anche fare attenzione a non mettere troppi paletti, col rischio di mandare a monte l’operazione. Non a caso, il PLR ha già tolto il piede dall’acceleratore, mentre ieri la Commissione dell’economia degli Stati ha tirato preventivamente il freno a mano, dicendo che la massima priorità è garantire il ritorno alla calma dei mercati finanziari e che occorre evitare «interventi politici affrettati da parte del Parlamento».  

Quanto alla Commissione parlamentare d’inchiesta – proposta all’unanimità dall’Ufficio del Consiglio nazionale – era un passo atteso, alla luce delle dichiarazioni a caldo delle forze politiche e delle pressioni dell’opinione pubblica. L’operazione richiederà parecchio tempo e sarà anche decisamente più impegnativa delle poche che l’hanno preceduta, sia perché la materia è altamente complessa sia perché stavolta c’è anche una dimensione internazionale da tenere in considerazione. Il mandato completo sarà definito solo nei prossimi mesi, ma è facile immaginare che interesserà due fronti. Ci sono innanzitutto responsabilità da accertare, a cominciare dalla Finma, finita nel collimatore per non aver visto arrivare la crisi (la perdita di fiducia nella banca persisteva nonostante il capitale proprio) e per non essere intervenuta prima, fino al ricorso al diritto d’urgenza da parte del Governo. Ma ci sono anche questioni collaterali aperte: come gli strumenti di cui dispone la stessa Finma; come le norme «too big to fail», che alla prova dei fatti si sono rivelate una sorta di «linea Maginot» (bella ma inefficace) e vanno ripensate in vista della nuova megabanca; come il discorso delle sanzioni nei confronti dei manager e degli incentivi perversi legati alle loro rimunerazioni; e come l’annosa questione di fondo della separazione dell’attività bancaria tradizionale da quella d’investimento. Non bisogna farsi illusioni. Di crisi, in questo settore, ce ne saranno ancora, il rischio zero non esiste. Ma bisogna sempre essere pronti al peggio.    

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