Crescita economica, inflazione e salari

Nel secondo trimestre di quest’anno la crescita economica in Svizzera è stata nel complesso ancora buona. Secondo la Segreteria di Stato dell’economia il Prodotto interno lordo elvetico è salito dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,8% in rapporto a un anno prima. Nel primo trimestre le cifre riviste sono state rispettivamente 0,5% e 4,7%. Il primo semestre ha mostrato dunque una tenuta dell’economia svizzera, ancor più positiva se si considera il difficile quadro internazionale, in cui sono presenti anche forti tensioni geopolitiche e guerra in Ucraina, inflazione alta e turbolenze nel settore energia.
Anche altri Paesi sviluppati nella prima metà di quest’anno sono poi andati alla fine meglio di quanto molte analisi catastrofiste avevano indicato. La tenuta elvetica tuttavia è stata sin qui tra le migliori e non ha senso sminuirla. L’economia svizzera ha limitato i danni nelle fasi negative ed è risalita bene nelle fasi positive. Solidità e continuità sono importanti, in altri Paesi ci sono stati talvolta rimbalzi maggiori, venuti però magari dopo rovinose discese. Ciò che conta di più è il saldo nel tempo. C’è stato anche in Svizzera un rallentamento nel secondo trimestre rispetto al primo, ma ciò era inevitabile e semmai occorre appunto essere soddisfatti della tenuta.
Non ha molto senso neppure continuare a parlare di tempeste perfette e di recessione certa. Che ci siano problemi consistenti in questa fase è sicuro, non è sicuro che si debba arrivare a vere recessioni in molti Paesi (non tecniche su due trimestri, bensì il segno negativo per il saldo dell’anno intero). Tantomeno per la Svizzera. Per ora c’è ancora una crescita internazionale, seppur rallentata. Vedremo nei prossimi mesi. L’unico metodo serio è analizzare passo dopo passo, basandosi su dati e fatti concreti.
Vale la pena di ragionare sui motivi della tenuta elvetica, emersa anche in questa fase. Contesto nazionale nel complesso favorevole alle attività delle imprese, apertura economica, coesione sociale, stabilità politica, rigore di fondo nella gestione dei conti pubblici sono tra i motivi principali. A questi si può aggiungere la ragionevolezza e la moderazione nelle relazioni tra imprese e lavoratori-sindacati.
Le relazioni senza eccessi delle parti sociali sinora hanno rappresentato un punto di forza elvetico. L’aumento dell’inflazione, che comunque qui non raggiunge i livelli di molti altri Paesi sviluppati, richiama ora richieste di aumenti salariali. I diritti dei lavoratori vanno tutelati, ma attenzione a due fattori: ci sono imprese che possono dare aumenti e altre che non sono nelle condizioni di farlo, mettere sotto pressione queste ultime può significare intaccare la tenuta economica; sarebbe un errore, inoltre, innescare una spirale prezzi-salari, con una rincorsa che aumenterebbe ancor più l’inflazione, danneggiando sia le imprese sia i lavoratori.
In Italia ci fu un meccanismo, la scala mobile, di adeguamento automatico dei salari ai prezzi di un paniere di beni. Venne prima ridimensionato e poi in sostanza abolito, all’inizio degli anni Novanta, dopo che aveva mostrato i suoi limiti. Tra questi, il fatto che l’aumento automatico dei salari nominali portava molte imprese a dover aumentare anche i prezzi, con una spirale di inflazione che non tutelava potere d’acquisto e salari reali. Non si sta discutendo di meccanismi di questo tipo da noi, ma occorre comunque evitare che si crei una spirale per altre vie, attraverso richieste eccessive in campo salariale o in altri campi. La giusta tutela del potere d’acquisto viene anche da quell’inflazione molto bassa che è stata un grande vantaggio per la Svizzera e a cui bisognerà cercare di tornare. Per questo, anche, ragionevolezza e moderazione vanno mantenute da parte di tutti.