L'opinione

Cultura e valori comuni negli Stati Uniti d’Europa

«A mio parere l’Europa si caratterizza dal non avere una sola radice ma molteplici»
Red. Online
18.06.2022 06:00

Nel suo interessante contributo nel CdT del 7 giugno scorso, Giovanni Casella Piazza ci invita a immaginare un’Europa basata su cultura e valori comuni. Vorrei qui elaborare un po’ sul tema partendo dalla radice cristiana che Casella Piazza cita verso la fine del suo scritto. È un tema molto comune che fa presa su molte persone. Tuttavia a mio parere l’Europa si caratterizza dal non avere una sola radice ma molteplici. Pensiamo alla filosofia classica greca, al diritto romano, ai contributi arabi nell’antichità e nel Medioevo. Nell’evo moderno l’illuminismo poi si è nutrito non solo dalla riscoperta della classicità alla caduta di Costantinopoli ma anche dalla scoperta del nuovo mondo e di nuove culture.

La stessa radice cristiana non è da intendere solo in termini ideali ma, credo, sopratutto per il contributo politico dato dall’organizzazione ecclesiastica, una concreta costruzione secolare, formidabile antagonista del potere dei regnanti che ha garantito quelle fessure di relativa autonomia dalle quali si sono sviluppati i germogli della cultura europea dal Rinascimento in poi.

Anche la scienza moderna è legata inestricabilmente all’ascesa della cultura europea. Essa si è sviluppata in Europa per la convergenza in un momento storico preciso di condizioni economiche, tecniche, politiche e culturali particolari. C’è voluta l’integrazione di diverse tradizioni pregresse di indagine del mondo, dall’astronomia babilonese alla geometria egizia, alla filosofia greca, alla conoscenza ellenistica e poi gli apporti islamici e indiani, mentre l’Europa medievale apportava la sua parte originale con invenzioni pratiche. Il mondo islamico medievale e la Cina offrono un eloquente controesempio; malgrado ne avessero avuto i mezzi culturali e economici non hanno sviluppato il metodo scientifico come lo conosciamo oggi.

Abbiamo però anche causato diverse catastrofi umanitarie, come lo stesso Casella Piazza ricorda, né più né meno di quanto hanno fatto, quando ne hanno avuto l’opportunità e il potere, altre culture, dall’Islam alla Cina, perfino gli Aztechi a loro tempo.

Per concludere non è che in Europa siamo più bravi o abbiamo ricevuto una rivelazione speciale, abbiamo invece potuto approfittare delle opportunità che la storia ci ha offerto e superare con creatività e perseveranza le difficoltà. Questo dovrebbe darci il coraggio di continuare su questa strada, anche in questo periodo di declino, imparando umilmente dagli errori.

Non siamo più il centro del mondo, ritorneremo ad essere un angolo piuttosto discosto del pianeta, come eravamo nell’antichità, ma ciò non ci impedisce di progredire politicamente e culturalmente, soprattutto se uniti, anzi verosimilmente solo se uniti.

Abbiamo su questo continente una lunga tradizione culturale che ci unisce. Sono solo i pregiudizi che ci impediscono di vedere un futuro in una casa comune, basata su un’etica della responsabilità personale e della convivenza civile, negli Stati Uniti d’Europa.

Giovanni Ruggia, Movimento Europeo Svizzera